Cultura

Amici ritrovati e persi su un catamarano metafora della vita

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Il catamarano si chiama Malyn. Che sta per Malyntesa. Gli scafi della vita sono paralleli, come l'essere di ciascuno dei protagonisti. Si incontrano, ma finiscono anche per dividersi. Come è fra le lacrime versate al porto di Genova dopo il saluto ad un amico in partenza per Buenos Aires, l'altra parte del mondo.
Le pagine in cui Fabrizio Voltolini tratteggia, con linguaggio diretto quanto immediato, gli anni bui che seguono il secondo conflitto mondiale, rendono al lettore il carattere dei protagonisti, gli ambienti e gli sfondi di Desenzano. Il basso lago con i suoi canneti, il viadotto che reca i segni dei bombardamenti, le angosce della memoria del passato prossimo di chi, come il protagonista Giuseppe, rientra dal fronte greco-albanese, le speranze delle sorelle della famiglia, matriarcale quanto basta e avanza. Il primo incontro, dopo i giorni bui, con gli amici di sempre che solcano le acque del lago su quel catamarano, il Malyn. Che finirà con la fine della storia ricomponendo la metafora delle vite parallele sulla punta aguzza di uno scoglio. Vite uguali e diverse di quegli amici che si ritrovano per navigare nel mare della vita, ballare nel localino di Lonato, mettersi in sella al rombante cavallo di ferro in un giorno di freddo cane sulle morene del Garda.
«Qualcuno che aveva studiato amava paragonare la vita a una commedia» scrive Fabrizio Voltolini, figlio della terra e del lago. Si torna, prima del naufragio a San Vigilio, alla metafora. A quegli scafi che solcano acque misteriose fino a quando non si giunge all'approdo. Alla quiete. e. g.

MALYN
Fabrizio Voltolini
EAlbatros Il Filo - 158 pagine, 14,50 euro

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