Unicredit-Bpm, tra ambizioni europee e legami territoriali

Si torna a parlare di risiko bancario per rappresentare quello che si sta sviluppando in questi giorni, ma la sintesi non aiuta a comprendere
Banco Bpm ha respinto l'offerta di Unicredit - Foto Ansa/Matteo Corner © www.giornaledibrescia.it
Banco Bpm ha respinto l'offerta di Unicredit - Foto Ansa/Matteo Corner © www.giornaledibrescia.it
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Si torna a parlare di risiko bancario per rappresentare quello che si sta sviluppando in questi giorni.

La sintesi non aiuta a comprendere né ciò che si sta manifestando, né le motivazioni che spingono le banche a perseguire aggregazioni o alleanze. Prescindendo dall’avventurarci nel pronosticare quali potranno essere i prossimi passi relativamente all’offerta di Unicredit verso BancoBpm, possiamo superare le reazioni un po’ troppo emotive o superficiali che hanno finito con il rendere ancora meno comprensibile questa situazione. Partiamo da una prima considerazione legata al «mercato».

Che poi una banca (la terza o quarta italiana) possa essere definita come strategica rientra nello spazio di azione della politica, sebbene questa definizione non abbia riscontri oggettivi in quanto sembra che la rilevanza di una banca sia legata più a valutazioni del momento che ad elementi formali che ne sostanzino realmente la strategicità.

Il palazzo di Unicredit a Milano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il palazzo di Unicredit a Milano - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Va però evidenziato come nel contesto europeo, quale è quello che realmente definisce il mercato bancario per i grandi istituti, rappresentare una public company (quali sono entrambe le istituzioni di cui si parla) come «straniera» o «italiana» rappresenti una forzatura perché finisce con il ricondurre una diffusione ampia di azioni (come è per entrambe le banche) attraverso un filtro nazionale, senza che esistano patti o accordi che leghino gruppi di azionisti (nazionali o internazionali). Interpretando il «risiko» senza farsi troppo influenzare da queste valutazioni possiamo sottolineare come, in questa fase storica, il «mercato» bancario operi a due livelli apparentemente ben definiti e sempre più interconnessi.

Parliamo di banche di territorio e operative a livello internazionale. Da questo punto di vista lo «scontro» strategico che può evidenziarsi tra quanto BancoBpm ha avviato recentemente con l’acquisizione di azioni del Monte dei Paschi, e quanto può giustificare la mossa di Unicredit evidenzia due visioni diverse. La prima orientata a rafforzare il ruolo «di territorio» la seconda che, attraverso un consolidamento dell’offerta, tendente a sviluppare una strategia da grande banca internazionale in grado di operare su più «territori» con un’offerta integrata e spingendo su sinergie ed economie di scala. In entrambi i casi si parla di normali tentativi di posizionamento strategico, giusti o sbagliati che si valutino, rientrano, nella loro diversità, nel novero delle possibili opzioni per qualsiasi azienda, quindi anche per questi istituti.

L'amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
L'amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Rimanendo sulla posizione di Unicredit va sottolineato come ad oggi la sua vocazione internazionale veda altre 5 banche (Bnp Paribas, HSBC, Deutsche Bank, Santader, Intesa) con attivi e dimensioni ben superiori (si va dai 2.600 miliardi di attivi con 190.000 dipendenti della più grande – Bnp – ai 950 miliardi e 90.000 dipendenti – Intesa –) ai 450 miliardi e 82.000 dipendenti che rende evidenti i limiti sia di presenza sui territori europei sia di efficienza della presenza (quasi lo stesso numero di dipendenti di Intesa con una redditività inferiore alla metà significa una presenza su mercati «meno sviluppati» e più rigidi).

Da questo punto di vista l’ipotesi aggregativa può avere un senso in termini di allargamento di mercato e come volontà di potenziare le attività di diversificazione di offerta con risparmi di scala, consentendo di ridurre costi e, in generale, puntando a migliorare l’efficienza operativa. Nel caso specifico un «vantaggio» indotto dall’accorpamento per Unicredit sarebbe rilevabile anche nella riduzione del rischio potendo «assorbire» una situazione bancaria (Bpm) che per territori e clientela mantiene rischiosità limitate. Naturalmente, a fianco dei «pro» vi potrebbero essere molti «contro» che, dal punto di vista aziendale e organizzativo, possono essere evidenziati in questa fase.

Allo stesso tempo l’ipotesi «di territorio» avviata nei giorni scorsi dal BancoBpm può essere definita e valutata attraverso analisi di tipo strategico confermando, anche in questo caso, che dal punto di vista degli attori in scena queste siano definibili come normali azioni di posizionamento nella scacchiera del risiko. Che poi la politica valuti secondo altre logiche, ipotizzando, addirittura, azioni potenti come la Golden Power porta a riflessioni lontane da quelle propriamente di mercato e aziendali con il rischio però di generare un pericoloso precedente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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