Titoli di coda di un amore (non) estivo

«Il carteggio dura per quasi tre anni e poi si infrange contro gli scogli di impegni quotidiani, università fatta fuori sede, amori altri. Rino però l’indirizzo di lei lo ricorda a memoria»
«L'estate è una stagione perfetta per innamorarsi, soprattutto se hai 16 anni» - Foto/Pexels
«L'estate è una stagione perfetta per innamorarsi, soprattutto se hai 16 anni» - Foto/Pexels
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La stagione perfetta per innamorarsi, soprattutto in ferie, soprattutto se hai 16 anni. Rino conosce Cristina in vacanza su un’isola greca. Si incontrano a pochi giorni dalla partenza, ma il loro potrebbe essere usato come paradigma per i colpi di fulmine, ossia per quegli amori virulenti che capitano più facilmente se ti ci predisponi.

Sono adolescenti negli anni Ottanta del secolo scorso, quando sembrava che l’esagerazione fosse l’unica via, e guardano il mondo attraverso le lenti deformanti di un ottimismo furioso. Il finale è prevedibile: la constatazione di vivere ai capi opposti dell’Italia, uno straziante addio, grandi promesse di rivedersi e – colpo di coda – lo scambio di indirizzi.

Fin qui poteva essere una vicenda da archiviare nel tempo tecnico necessario per smaltire un colpo di fulmine estivo e che viene stimato dagli esperti tra le 72 e le 96 ore. Invece no. Iniziano a fioccare le lettere, in entrambe le direzioni. Si raccontano ciò che non hanno avuto il modo di dirsi e si conoscono leggendo tra le righe dei fogli scritti fitti. Il carteggio dura per quasi tre anni e poi si infrange contro gli scogli di impegni quotidiani, università fatta fuori sede, amori altri. Rino però l’indirizzo di lei lo ricorda a memoria, gli viene automatico tante sono le volte che lo ha trascritto sulle buste.

Passano i decenni e Rino si trova nella città di Cristina per un appuntamento di lavoro. Ha una mezza giornata libera e, siccome pedalare gli piace, chiede in prestito una bicicletta. Racconta a se stesso che è per fare la solita quota giornaliera di movimento ma sotto sotto sa che gli piacerebbe capitare in quella particolare via. Siccome vagando non la trova, cede, smette di raccontarsela e imposta il navigatore. Era fatalmente vicina. Individua il civico e guarda le finestre. La casa se l’era immaginata mille volte, ma non si era mai nemmeno lontanamente avvicinato alla realtà.

È una casetta a schiera ben tenuta, senza nessun carattere distintivo. Da quando ha incontrato Cristina, lui ha cambiato casa quattro volte. Potrebbe essere così anche per lei. Sta dibattendosi tra restare dov’è o attraversare la strada e andare a leggere il nome sul citofono quando una donna esce in giardino.

Non c’è dubbio che sia Cristina. Cambiata come è normale e giusto che sia, ma inequivocabilmente lei. Rino sta per rompere gli indugi, quando Cristina prende delle cesoie e inizia a spuntare i rami della siepe. Si interrompe per sistemare meglio gli auricolari, reinfila i guanti da giardinaggio e riprende il lavoro concentrata. «Era così bella e così serena che mi sono domandato che cosa avrei potuto aggiungere alla sua vita andando a distrarla. Però mi ha fatto piacere vederla. Sono tornato a casa e l’ho raccontato alle mie figlie. Era una storia che non conoscevano. Hanno detto che loro l’avrebbero chiamata. Resto convinto della mia scelta: ci saremmo incontrati per ripetere i saluti finali». In effetti, sarebbe insopportabile veder scorrere due volte i titoli di coda.

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