Opinioni

Rischi e ansie di Mamma Rai, che potrebbe perdere Sanremo

Uno scenario, dopo la sentenza del Tar della Liguria, che sarebbe esiziale: viene però da chiedersi chi (e a quali costi) potrebbe subentrare in un tale ginepraio organizzativo e finanziario
Il teatro Ariston, «casa» del Festival di Sanremo - Foto Ansa/Ettore Ferrari © www.giornaledibrescia.it
Il teatro Ariston, «casa» del Festival di Sanremo - Foto Ansa/Ettore Ferrari © www.giornaledibrescia.it
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Alla Rai in tribolato ribaltamento di presunta gramsciana «egemonia culturale», coi Tg in forte calo d’ascolti e in fresca polemica sul mancato rinnovo dello sconto sul canone, quanto a grattacapi mancava solo di trovarsi a dover competere, in futuro bando pubblico, per l’organizzazione del Festival di Sanremo, rischiando di perdere il Moloch acchiappascolti&spot e la sua trasmissione stratosfericamente più vista ogni anno. Perdere una macchina che nella finale 2024 ha fatto 14,3 milioni di spettatori con punte di 17, per uno share tra 70 e 74,1% dei teleutenti, sarebbe esiziale. Per la faccia e per la cassaforte.

Stando ai soli dati 2024 – ufficiosi poiché Viale Mazzini si guarda bene dal fornirne –, roba da 60 milioni d’introiti (42 alla Rai da pubblicità, 18 all’indotto) a fronte d’un investimento di 18. E parecchio altro da far fruttare, considerando la multi-canalità su RadioRai, RaiPlay e RaiPlay Sound, e vari programmi tv derivati (con relativa sub-pubblicità...). Per farsi un’idea di quanto c'è in gioco basta guardare la ridondanza del sito raipubblicità.it.

La sciagurata ipotesi deriva dalla sentenza, contro cui si farà certo ricorso, del Tar della Liguria su istanza di JE-Just Entertainment con sede a Milano, nato nel 2003 come etichetta discografica, ma espanso a multiforme attività produttiva nel settore-spettacolo. JE aveva espresso interesse al Comune di Sanremo sulla possibilità di «acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival» e contestato la fin qui settantaquinquennale esclusiva garantita alla Tv di Stato. Il Tar ha dichiarato «illegittimo l’affidamento diretto alla Rai da parte del Comune di Sanremo»; e fatta salva l’edizione in arrivo (11-15 febbraio 2025) impone che per il 2026 si proceda «con una gara aperta a tutti gli operatori del settore».

Il Festival è vitale per la Rai e utilissimo per Sanremo. L’esclusiva c’è fin dalla prima edizione del 1951 al Casinò, solo radiofonica (le telecamere arrivarono nel 1955, un anno dopo la nascita della tv in Italia). La convenzione Rai-Comune ha avuto in passato qualche fibrillazione al bussare soldi in più da parte dell’ente pubblico (che ufficiosamente per l’edizione scorsa avrebbe avuto 5 milioni), ma mai s'è sfiorato un cambio.

Il fatto è che Sanremo è un sedimentato e forse inestricabile intrico di fattori: innanzitutto la tv, senza cui il Festival si ridurrebbe a trascurabile gara canora (e quali artisti ci andrebbero senza il richiamo della telecamera?) in un modesto teatro da 2.000 posti costruito 62 anni fa dalla sanremese famiglia Vacchino. Poi il... movimento che fibrilla la città, in particolare la lunga passeggiata di corso Matteotti, fin da dicembre: nella vicina piazza Colombo compaiono Tir carichi di materiali; in giro un migliaio fra personale operaio, tecnico e organizzativo Rai, al lavoro dentro e fuori l’Ariston (il cui noleggio, ufficiosamente, sarebbe costato nel 2024 1,6 milioni, compresi i salari alle 160 persone che ci hanno lavorato). La gestione dei biglietti per l’accesso all’Ariston è esclusiva Rai: nel 2024 per le 5 serate in platea occorrevano 1.530 euro, 800 in galleria.

C’è poi il flusso turistico che rianima i luoghi nell’altrimenti naturale fase di calo post-natalizia; con ovvio beneficio di hotellerie, ristorazione e commercio locali. Il Festival, insomma, non è l’Evento per caso. Davvero, grazie alla tv, trasforma Sanremo nel multiforme – show, emozioni, polemiche, eco massmediatica – cuore temporaneo d’Italia. Ed è per la Rai una delle poche esclusive non strappatele da ingordigia e potenza economica della concorrenza. Chi e a quali costi, realmente, potrebbe subentrare a Mamma Rai in un così gigantesco ginepraio organizzativo e finanziario? Forse una pay-tv o una piattaforma streaming internazionale: ma il prodotto sarebbe poi difficilmente vendibile fuori dal Bel Paese. Vien da sospettare che quella di Just Entertainment sia una spallata dimostrativa al mito, non una candidatura. Il bando, se si farà, forse rischia d’andare deserto...

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