Disabilità, asili nido, anziani: il welfare sociale va rafforzato

L’Italia è l’ultima tra i principali Paesi europei per incidenza della spesa in politiche sociali sul Pil, con un valore pari al 5,7 per cento rispetto alla media del 7,3 per cento dell’Eurozona. Nonostante nell’ultimo decennio questa voce di spesa (rispetto a previdenza e sanità) sia stata quella che è maggiormente aumentata (arrivando a 111 miliardi di euro nel 2022), la crescita del welfare sociale è stata insufficiente e non ha consentito all’Italia di recuperare terreno rispetto ai battistrada europei. L’Italia destina più risorse della media Ue per la famiglia ma molte meno per la disabilità, per le politiche di housing e per quelle finalizzate all’attivazione sociale. Rimane il nodo dell’assistenza che, insieme a un basso investimento economico e ai posti limitati nelle strutture, fa i conti col mancato decollo dei servizi domiciliari.
Ad esempio, il servizio di assistenza domiciliare (il cosiddetto Sad) erogato dai Comuni, che fornisce assistenza nelle attività quotidiane come l’igiene personale, la preparazione dei pasti, la gestione della casa e altre necessità non mediche, è da molti anni in crisi (ad esso sono destinati circa 300 milioni di euro) e arriva a coprire meno del 2 per cento degli utenti potenziali. Anche sul tema della conciliazione tra famiglia e lavoro vi sono dei ritardi importanti. La copertura degli asili nido espressa dalla percentuale di utenti di questi servizi rispetto alla popolazione residente di età compresa tra 0-2 anni è del 16,4 per cento, con forti oscillazioni territoriali. Tutto ciò a fronte dell’obiettivo del 33 per cento stabilito su base locale (inclusivo dei servizi privati) da raggiungere entro il 2027.
Si tratta di esempi di servizi che oscillano tra la modesta copertura degli utenti potenziali e la quasi completa assenza di copertura sull’utenza emergente. Questo ci dice che l’attuale capacità d’intervento del welfare sociale non sa tenere il ritmo di una domanda sociale crescente e diversificata, dovuta alla vulnerabilità di consistenti segmenti della popolazione. Non stupisce allora che le stesse famiglie debbano sempre più contare sulle proprie risorse e rivolgersi ai servizi privati per fronteggiare i bisogni. In questo quadro, possibili cambi di direzione sono rappresentati dagli investimenti (attivi ancora per il 2025 e il 2026) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destinati ai servizi di prossimità e, sul versante normativo, dal rinnovato interesse verso il welfare sociale contenuto nella legge delega sulla disabilità (L. 227/2021) e nella legge sulle politiche per gli anziani non autosufficienti che inseriscono la persona fragile all’interno di un assetto di tutele di tipo multidimensionale.
Tuttavia, è quanto mai urgente tornare a riflettere sul welfare sociale nel suo complesso e in maniera organica, non solo adottando riforme mirate. I servizi, le politiche assistenziali, gli interventi di housing e i trasferimenti monetari rivolti a minori, giovani, famiglie, anziani, disabili, sono una componente sempre più centrale dell’odierno «welfare state» dal quale passa la concreta possibilità di affrontare la sfida dell’inclusione sociale e della riduzione delle disuguaglianze.
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