Pnrr e giustizia civile: obiettivi mancati e speranze future

Claudio Castelli
Nonostante i primi incoraggianti risultati, l’ampio disegno proposto per il Pnrr oggi sembra dimenticato da Parlamento e Governo
Toghe di magistrati
Toghe di magistrati
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Una delle missioni principali indicate nel Piano Nazionale Ripresa e Resilienza era la riduzione dei tempi della giustizia e l’abbattimento dell’arretrato delle cause civili. I ritardi nella giustizia civile sono difatti un peso per la competitività del Paese e la prospettiva di allinearsi sui tempi europei farebbe incrementare il Prodotto Interno Lordo, secondo alcuni studi, tra l’1% ed il 2%.

Nell’ambito del Pnrr venivano quindi individuati alcuni obiettivi, ovvero di ridurre il tempo medio prevedibile dei procedimenti (il cosiddetto Disposition Time) del 40% in ambito civile e del 25% nel settore penale giudicante, prendendo come base i valori del 2019, e di smaltire il 90% dell’arretrato civile (ovvero le cause iscritte da più di tre anni nei Tribunali e da più di due anni nelle Corti di Appello).

Un programma estremamente ambizioso con l’intenzione di cambiare radicalmente la giustizia e la sua percezione da parte dei cittadini, eliminando l’arretrato, riducendo le pendenze, tagliando i tempi. Un programma che, per una volta, aveva ed ha un respiro pluriennale con una visione ampia, sistemica e prospettica e, fatto non secondario e del tutto inusuale nel campo della giustizia, con finanziamenti.

L’intervento più massiccio e significativo, è stato l’Ufficio per il processo, che ha previsto l’assunzione in due tranche di 16.500 laureati con la qualifica di funzionari a tempo determinato per assicurare al giudice una assistenza qualificata.

I frutti si sono cominciati a vedere: dall’ultimo Monitoraggio ministeriale che fotografa la situazione al 30 giugno 2024 risulta dal 2019 una riduzione del 22,9 % dei tempi nel settore civile e del 32% nel settore penale, del 23,3% delle pendenze civili e del 54,5% delle pendenze penali.

Risultati incoraggianti, ma ancora insufficienti se si pensa che i tempi medi oggi nel settore civile sono ancora di 438 giorni nei Tribunali, di 528 giorni in appello e di 971 giorni in Cassazione. E del resto se nel settore penale (i cui dati riguardano solo la fase che avviene davanti al Tribunale, gip e dibattimento) gli obiettivi sono già stati raggiunti, nel settore civile sia per migliorare i tempi, che per eliminare l’arretrato occorrerebbe un ulteriore salto di qualità con la capacità del sistema Italia di fare rete e di lavorare con tenacia e determinazione nella stessa direzione.

Purtroppo non è così: l’ampio disegno proposto per il Pnrr oggi sembra dimenticato da Parlamento e Governo, o quanto meno messo su di un piano secondario, e si continua a perseguire una pretesa grande riforma dopo l’altra senza mai verificare esiti, pregi e errori di quella precedente. Sembra che contino solo annunci e propaganda, e non l’impatto sull’attività quotidiana, sul lavoro degli operatori, ma soprattutto sulle aspettative e sui diritti dei cittadini.

Questo contesto spiega bene anche le ragioni del recente appello dei Presidenti di Corte di Appello che segnalano come le ipotesi in discussione di reintrodurre il reclamo contro i provvedimenti in materia di protezione internazionale e/o di spostare la competenza alle Corti di Appello per i provvedimenti di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo in via di urgenza e senza risorse aggiuntive renderanno irraggiungibili gli obiettivi del Pnrr per questi uffici.

C’è da sperare che riprenda spazio la saggezza e una visione che guardi non solo all’oggi e ai sondaggi, ma al futuro del nostro Paese.

Difatti se si riuscisse a raggiungere gli obiettivi delineati dal Pnrr larga parte dei problemi che cronicamente affliggono la giustizia, a partire dai tempi non ragionevoli, sarebbero superati.

Claudio Castelli, ex presidente della Corte d’Appello di Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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