Opinioni

Parole nuove accendono pensieri ed emozioni

La Parola tocca, libera, esplora, unisce, trasforma. È luce e scintilla, anche quando non proviene dal nostro patrimonio linguistico culturale
La Parola è musica, anche quando nasce in altre nazioni - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
La Parola è musica, anche quando nasce in altre nazioni - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
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«Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una e la guardo, fino a quando non comincia a splendere» (Emily Dickinson). Se ciò che volteggia nella stanza della mediazione avesse una forma o un colore ne saremmo rapiti ed ipnotizzati, come immersi in un volo di api laboriose e colorate.

Vi volteggiano le emozioni (dei mediandi e del mediatore), finalmente libere, gli sguardi, che trovano di nuovo la strada per posarsi uno sull’altro ed infine, meravigliosa e potente, la Parola, che tocca, libera, esplora, unisce e trasforma. «Vola alta parola – invoca il poeta Mario Luzi – cresci in profondità, tocca nadir e zenith della tua significazione, giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami nel buio della mente – (...) sii Luce, non disabitata trasparenza. La cosa e la sua anima? O la mia e la sua sofferenza?».

Parola e Luce, un binomio biblico che ci conduce sempre al dilemma dell’uovo e della gallina: nasce prima la parola o il pensiero? La risposta dall’azzardo, dal deviare dalla strada consueta, alla ricerca di nuove possibilità. Arriva da Fosco Maraini, scrittore, antropologo, etnologo (già citato ieri da Augusta Amolini nella sua rubrica «Al Femminile», ndr), che ha creato la Metasemantica, un sistema linguistico paradossale nel quale parole senza etimo, puro suono, acquistano significato nella nostra mente per il solo fatto di andare a risvegliare il patrimonio di esperienze interiori, subconsce. «Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta, ma quando soffia il bego a bisce sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta (...)». E ancora: «Ci son dei giorni smègi e lombidiosi col cielo dagro e un fònzero gongruto ci son meriggi gnàlidi e budriosi che plògidan sul mondo infrangelluto (...)».

Parole nuove, che accendono pensieri ed emozioni. La Parola è Luce, è musica, scintilla, anche quando non proviene dal nostro patrimonio linguistico culturale ma nasce in altre nazioni, sotto altre bandiere e raggiunge ugualmente il nostro cuore come Chrysalism, la mia preferita (che evoca l’Amniotica tranquillità di essere in casa durante la tempesta); Sisu, una parola finnica (che indica la capacità di resistere davanti ai momenti più difficili della vita); Iktsuarpok (l’attesa di qualcuno senza poter smettere di controllare se sta arrivando -Inuit-); Heimat (un affetto radicato per un luogo nei confronti del quale si prova un forte senso di appartenenza – tedesco –); Aware (la sensazione dolceamara di un caduco momento di trascendentale bellezza – giapponese –); Dadirri (l’atto profondo e spirituale di un ascolto riflessivo e rispettoso – lingua aborigena australiana –).

Espressioni intraducibili in grado di dire tutto in una sola voce, scoperte dalla ricercatrice finlandese Emilia Lahti, e che, Tim Lomas, docente di Psicologia Positiva della University of East London sta selezionando nella loro connotazione positiva per inserirle nel suo «The Positive Lexicography Project» (vocabolario della felicità reperibile online ed aperto al contributo di tutti). «Vola alta Parola... sii Luce, non disabitata trasparenza».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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