Next Generation Eu, la Germania è il Paese che guadagna di più

Comincia a essere tempo di bilanci, da parte della Commissione europea, per Next Generation Eu o, meglio, per quella sua parte, il Fondo di ripresa e resilienza (Rrf), dotato di 650 miliardi di euro, pari al circa il 4 per cento del Pil 2024 dell’Ue, per sovvenzioni e prestiti a riforme e investimenti negli Stati membri. La Direzione generale per l’economia e la finanza ha pubblicato negli scorsi giorni uno studio d’impatto del programma lanciato per far fronte alla crisi prodotta dalla pandemia del Covid.
In termini generali viene stimata, tra il 2020 e il 2030, una crescita reale media annua aggiuntiva del Pil dello 0,4 per cento, rispetto a uno scenario senza Rrf. Quando, dal dato per l’Ue nel suo complesso, si passa agli effetti nei singoli paesi, troviamo subito buone notizie per noi, da condividere con la Spagna, ma non del tutto buone. In questi risultati c’è di mezzo la dimensione dei miliardi ricevuti. L’Italia con 195 e la Spagna con 163 si sono lasciate di gran lunga addietro gli altri partner. Il terzo beneficiario, la Polonia, ne ha avuti 60.
Data, l’entità dei rispettivi Piani, i due paesi risultano come quelli dove è più elevato l’impatto sul Pil. L’aumento previsto nel decennio è infatti di 190 miliardi (9% del Pil attuale italiano) e 140 miliardi (9,5% del Pil attuale spagnolo). Ma, qui è il punto, si tratta per entrambi di un ammontare ancora inferiore al sostegno ricevuto, più marcato per la Spagna di quanto non lo sia per noi. Anche altri paesi sono in questa situazione. Un dato allarmante? In primo luogo, vien da pensare, non sarebbe del tutto sorprendente, perché bisogna tener conto del timing delle spese, distribuite con intensità crescente tra il 2021 e il 2026. Vi sono stati dei ritardi nell’avvio dei Pnrr dei vari paesi, tra i quali il nostro. Ne segue come i maggior impatti sul Pil tenderanno a manifestarsi oltre il 2030.
Ma la Commissione va oltre, e fornisce una chiave di lettura. In merito a Italia e Spagna, precisa come tali incrementi siano conseguenza diretta dell’incremento della produzione e dell’occupazione nelle «industrie beneficiarie nazionali», nonché della maggior domanda di input da parte delle «industrie fornitrici nazionali». Ne segue come altri Piani nazionali, «contribuiscano limitatamente all’aumento del Pil, in entrambi i Paesi». In sostanza vi è un limitato effetto di ricaduta (spillover) dai Pnrr di altri Paesi membri. La minor dimensione dell’effetto di spillover su quello diretto è una caratteristica comune a quasi tutti i paesi, ma in misura minore. Tranne uno: la Germania, dove il primo addirittura oltrepassa il secondo. Ne segue come in questa l’effetto sul Pil risulti quasi il doppio del sostegno ricevuto, ossia 60 miliardi a fronte degli 30 della Rrf.
A traino dell’economia tedesca vi è un settore manifatturiero integrato a livello europeo e globale, come l’automobilistico o il meccanico, profondamente radicato in complesse catene del valore (dove sono quelle italiane?). I significativi spillover della Germania, osserva la Commissione, «derivano quindi dalla profonda integrazione dei suoi settori industriali con il resto dell’economia europea, in particolare con Spagna e Italia». Le fonti principali degli spillover tedeschi sono infatti «la Spagna (25,7% delle ricadute totali verso la Germania), l’Italia (24,6%), la Polonia (12,6%), la Francia (6,5%) e la Romania (5,5%)». Non a caso la Commissione ha proposto la Germania. Il Paese maggiormente abile nel far fruttare la Rrf. Sia chiaro, non lo fa a scapito di altri, ma avvantaggiandosi meglio di altri delle opportunità offerte dal mercato unico. Quando la visione oltrepassa i confini nazionali, sempre angusti, ne abbiamo tutti da guadagnare. Tutti assieme.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
