Opinioni

Montagna da valorizzare o da spettacolarizzare?

Ruggero Bontempi
Quando il marketing territoriale – alias ponti tibetani, passerelle sospese, panchine giganti - solleva qualche perplessità
Una delle tante panchine giganti sul nostro territorio - © www.giornaledibrescia.it
Una delle tante panchine giganti sul nostro territorio - © www.giornaledibrescia.it
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Ponti tibetani, passerelle sospese, panchine giganti. Si diffonde anche sulle colline e tra le montagne bresciane la presenza di strutture artificiali, alle quali i proponenti affidano la funzione di incrementare i motivi di richiamo turistico. E altri progetti sono annunciati per il futuro o in corso di avanzamento.

Si tratta di una strada praticata da diverse amministrazioni pubbliche e operatori, e che ha coinvolto anche valli delle limitrofe province di Bergamo, Sondrio, Trento e Verona. Una strada che tuttavia si realizza spesso in modo invasivo, impattante sul paesaggio, e che altera la percezione di un contesto naturale attraverso l’introduzione di elementi avulsi.

La panchina gigante a Vallio Terme © www.giornaledibrescia.it
La panchina gigante a Vallio Terme © www.giornaledibrescia.it

In nome di cosa?

Molti interventi perseguono l’obiettivo di una valorizzazione che fa rima con spettacolarizzazione, ma è una rima che si legge in modo sbieco, inclinata su un versante che diventa quello della banalizzazione.

È davvero opportuno promuovere tali interventi per rilanciare le aree interne? Non è forse il momento di promuovere una riflessione aggiornata su queste strategie che tendono a svilirle la montagna e a proporla, inevitabilmente, come contesto ridotto a opportunità di banale divertimento? E dove il significato dell’esperienza si riduce a una passeggiata obbligata sorretta da strutture di metallo?

La montagna non può diventare un lunapark con gli alberi a fare da sfondo. È utile richiamarsi a un nuovo sguardo. Serve promuovere la consapevolezza del valore delle semplici e funzionali espressioni di bellezza e di ordine che la natura mette davanti agli occhi di chi le sa osservare: le maestose forme del paesaggio geologico, la vegetazione capace di modellarsi in base alle quote, all’esposizione dei versanti e alle tipologie dei suoli, la presenza degli animali e delle loro tracce, la stupefacente variabilità dei fiori.

Tra fiori e pietre in Valcamonica - © www.giornaledibrescia.it
Tra fiori e pietre in Valcamonica - © www.giornaledibrescia.it

Non da ultimo, oltre ai risvolti ambientali e paesaggistici la costruzione di ponti e passerelle sospese richiede importanti investimenti pubblici con una piccola parte dei quali si potrebbero divulgare conoscenze mediante arredi e supporti a basso impatto: pannelli informativi, bacheche, piccole sedute davanti a grandi panorami.

Gli spettacoli della natura sono già davanti ai nostri occhi e c’è abbondanza di motivi che generano stupore senza doversi affidare a emozioni artificiali. In un articolo del 5 agosto 1952 Dino Buzzati profetizzò: «Ricordiamoci che più passa il tempo e il progresso tecnico dilaga e le città crescono e la vita è tiranneggiata dalla macchina, tanto più gli uomini sentono il bisogno disperato di fuggire, rifugiandosi nella superstite natura. La solitudine, i posti senza case e senza strade, i boschi, le montagne diventeranno cose preziosissime, più preziose che i filoni d’oro. Qui in Italia, a giudicare dagli umori generali, alla saturazione non si è giunti, pare, ma è fatale che ci si arriverà. E quel giorno si farà qualsiasi sacrificio pur di trovare un eremo. Ma sarà rimasto allora un posto simile?».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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