Monito all’uomo di oggi che ha perso il cuore

Mons. Gabriele Filippini
A settembre in arrivo un nuovo documento magisteriale
Papa Francesco ha annunciato un documento magisteriale sul Sacro Cuore - Foto Ansa7Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
Papa Francesco ha annunciato un documento magisteriale sul Sacro Cuore - Foto Ansa7Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
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Ha creato aspettative insolite, sia in ambienti rigorosamente tradizionali dal punto di vista religioso, sia in alcune laicissime frange del cattolicesimo odierno: si tratta dell’annuncio, fatto direttamente da papa Francesco a sorpresa nel giugno scorso, di un documento magisteriale sul Sacro Cuore. Uscirà in settembre.

Chi ritenesse questo annuncio come una informazione priva di interesse, se non addirittura di sapore anacronistico, forse si sbaglia. Il Papa, infatti, ha parlato di «un culto carico di bellezza spirituale» che può illuminare il cammino di rinnovamento della Chiesa e dell’umanità.

Perché un culto popolare e capillare, profondamente radicato nella vita semplice delle comunità cristiane può divenire un «segno dei tempi» di estrema attualità? Perché una pratica religiosa basata, profondamente anche se non esclusivamente, sulle apparizioni a una monaca francese, Margherita Maria Alacoque, 350 anni fa, viene fatta oggetto di uno scritto proposto oggi come una prospettiva per un cammino più umano e spirituale per tutti?

È vero che il documento, secondo le parole del Papa, ripercorrerà quanto la Chiesa ha insegnato sul Cuore di Cristo, ma è pur vero che si tratterà di un testo per l’uomo di oggi che «sembra aver perso il proprio cuore».

Questo è il vero e grande punto nodale della questione: il termine «cuore» in tutte le culture, anche in quelle non cristiane, indica sostanzialmente quell’insieme di sentimenti, proprietà e capacità di una persona di essere sensibile, buona, attenta verso altre persone. Avere un cuore significa essere «più umani».

E questo non è vecchiume. Si tratta di una inedita e dimenticata modernità. Una marcia da ingranare anche nell’epoca dei social e dell’intelligenza artificiale. Lo ha ben capito anche un personaggio al di sopra di ogni sospetto: quel Paul Mc Cartney dei mitici Beatles. Infatti forse non tutti sanno che esiste un’opera musicale tutta sua, un Oratorio di musica sacra, parte in latino e parte in inglese, rappresentata solo due volte per ora a Londra e a New York… nel 2001. Ed è diventata un album di successo nel 2006.

Paul McCartney cominciò a lavorarvi tanti anni fa, su commissione del Magdalene College di Oxford per inaugurare la nuova sala di concerto con Orchestra, solisti, coro di adulti e di voci bianche. Poi nel 1998 perse l’amata moglie Linda e per un anno interruppe il lavoro che riprese dedicando l’opera a Linda.

Paul McCartney ha composto l'album Ecce Cor Meum - Foto Ansa/Epa/Sebastiao Moreira © www.giornaledibrescia.it
Paul McCartney ha composto l'album Ecce Cor Meum - Foto Ansa/Epa/Sebastiao Moreira © www.giornaledibrescia.it

Curioso è il fatto che questa opera si intitoli proprio «Ecce cor meum», riferito a un intermezzo triste ma stupendo che il baronetto riconduce ad una ispirazione da lui avuta dal culto al Cuore di Gesù e da una statua nella chiesa neworkese di S. Ignazio di Loyola. Ai piedi di questa statua campeggia l’iscrizione che ha dato il nome all’opera musicale dell’ex Beattles: Ecce cor meum… ecco il mio cuore. Non bisogna perdere un cuore così.

E che l’uomo, oggi, rischi di perdere il cuore è documentato da tanti fenomeni piccoli e grandi, globali e locali. Citiamo per tutti il caso degli adolescenti di Pescara che hanno ucciso un coetaneo, non solo per un motivo banale, ma anche totalmente sordi e indifferenti alle sue strazianti grida di dolore.

Parlare del cuore di Cristo, un cuore tanto umano, è l’antidoto contro il cinismo dell’uomo contemporaneo. Il cuore di Cristo è talmente umano da divenire l’immagine del «divino». Quanto aveva ragione Pier Paolo Pasolini scrivendo: «La divinità di Gesù sta nella sua straordinaria umanità».

L’uomo, che cerca in tutti i modi di prendere il posto di Dio, non deve dimenticare che la strada da percorrere è una sola: avere un cuore che batte per gli altri.

Mons. Gabriele Filippini - canonico della cattedrale

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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