Mercati turbolenti dopo mesi di crescita

Da 30 mesi una guerra si combatte ai confini dell’Europa che vede contrapposti non solo i blocchi politici occidentali e orientali, ma i tre più grandi mercati del pianeta (Usa, Europa e Cina). Più a sud del mondo da 10 mesi assistiamo ad una guerra che, giorno dopo giorno, si sta allargando direttamente o indirettamente ad altri importanti Paesi.
L’inflazione, data un po’ troppo ottimisticamente in ritirata all’inizio di quest’anno, non sembra cedere mantenendosi in Europa al 5,3% (l’Italia tra luglio e agosto vede, invece, un leggerissimo decremento passando dal 5,5% al 5,4%), in Usa al 3,2% ed in Giappone al 2,8% (tutte percentuali che per i rispettivi Paesi sono letti come segnali ad alto rischio). Il Pil per la prima parte del corrente anno arranca in Europa stabilizzandosi intorno al +1% sull’anno precedente (stessa percentuale per l’Italia). Anche il Giappone registra circa la stessa percentuale (0,9%) mentre per gli Usa la crescita pare essersi consolidata intorno al 2,2%.
Potremmo continuare elencando numerosi altri dati che, dal punto di vista oggettivo, spiegano sia la turbolenza dei mercati sia la preoccupazione di chi prova ad ipotizzare cosa potremo aspettarci nei prossimi mesi. Va sottolineato, però, che gli «scivoloni» delle borse mondiali (almeno fino ad ora) siano anche associabili alle cosiddette «prese di posizione», ossia al fatto che, da inizio anno ai primi di agosto, le borse abbiano registrato incrementi medi significativi con i due mercati Usa che hanno registrato rispettivamente +12,99% e un +16,7%, mentre i due indici sintetici dei mercati Europei a loro volta hanno registrato +9,7% e +7,2% (l’indice italiano ha guadagnato circa il 10%), incremento analogo (+7,31%) ha, infine, registrato il mercato giapponese.
Tutti questi numeri possono comunque aiutarci a capire l’instabilità attuale come pure riescono a rendere meno ottimistiche le previsioni di chi, già nei mesi scorsi, festeggiava (a parole) l’era di nuovi tassi in ribasso; tuttavia ci permettono anche di non andare oltre ai timori, ad esempio, di una recessione che troppi oggi ipotizzano come incombente.
Quello che, invece, può aiutarci a valutare i prossimi mesi è il dato sulla produttività nei diversi Paesi associato a quello sulla domanda di beni degli stessi territori. Da questo punto di vista gli Usa mostrano una prospettiva decisamente più rosea avendo indicatori di crescita sostenuta su entrambi i parametri. Diversa è la situazione europea dove a Paesi in netta diminuzione per quanto riguarda la produttività (Olanda e Portogallo) si associano tutti gli altri con incrementi modesti, dati che si affiancano ad una domanda ancora in crescita malgrado politiche monetarie restrittive e la già citata inflazione.
I due maggiori Paesi asiatici stanno ottenendo risultati importanti in termini di domanda usufruendo di stimoli economici governativi rilevanti però con una produttività stagnante per il Giappone e una sostenuta per la Cina. Oggettivamente, al netto di ulteriori escalation sul fronte militare, la prospettiva a breve non sembra indicare situazioni davvero drammatiche soprattutto se le elezioni negli Stati Uniti non dovessero essere dominate da istanze eccessivamente protezionistiche e se la Cina per mantenere un trend economicamente e politicamente fondamentale per il proprio sistema Paese, dovesse continuare a mostrare spazi di apertura sia politici sia commerciali.
Molto più complesso, invece, rimane provare a decrittare il futuro nel Vecchio Continente. La stasi di quella che, da decenni, rimane la «locomotiva» d’Europa (Germania) non sembra destinata a modificarsi nel breve periodo, mentre la situazione politica francese non sembra essere in grado di partorire iniziative di rilancio, situazione che sembra essere comune a molti Paesi sia del sud sia del centro Europa sebbene con importanti distinguo legati alle diverse strutture economiche.
L’Italia in questo scenario risulta essere una delle nazioni dove meno si percepisce un rischio recessivo o, comunque, di forte ridimensionamento dell’economia malgrado l’oggettività di alcuni parametri che non volgono al sereno (oltre ai già citati dati sull’inflazione e sul lento percorso del Pil continuiamo ad avere forti lacune sul fronte produttivo e, soprattutto, per la crescita non propriamente sotto controllo del debito pubblico e dei conseguenti interessi passivi).
Se il quadro mondiale ancora non può dirsi orientato al negativo, rimane in sospeso il quadro nazionale. A questo proposito sebbene le ultime uscite della politica sembrino più orientate ad approfondire pubblicamente temi lontani da quelli economici e sociali (la questione dell’atleta algerina ne è un chiaro esempio) è, ovviamente, prevedibile ed auspicabile che nelle «segrete stanze» dei vari ministeri si stia alacremente operando.
Le attese su queste azioni riguardano sia il fronte della revisione delle politiche di bilancio sia, soprattutto, la necessaria identificare delle più efficaci leve da agire con riferimento alla raccolta di risorse per gestire la critica situazione finanziaria e per rispondere alle urgenti richieste dell’Europa relativamente al debito e alla lentezza nell’utilizzare i cospicui fondi ricevuti da Pnrr. Passata la calura agostana e chiusa la parentesi olimpionica avremo modo di verificare quali indirizzi saranno avviati per gestire le criticità del presente e quelle prevedibili in arrivo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
