Manovra e Pnrr: agire su digitalizzazione, istruzione e infrastrutture

Negli ultimi giorni il ministro dell’Economia Giorgetti ha toccato due degli aspetti sui quali, nelle prossime settimane, l’esecutivo dovrà misurarsi
Il ministro Giancarlo Giorgetti - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il ministro Giancarlo Giorgetti - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
AA

L’attenzione richiamata dalla recente competizione elettorale in Europa ha distolto l’interesse sulle questioni dell’economia nazionale. Ora che si avvicinano le decisioni su come verrà governata la Ue si torna a guardare alle nostre vicende riflettendo su alcuni aspetti critici che, per troppi mesi, sono stati messi nel dimenticatoio.

Negli ultimi giorni il ministro dell’Economia Giorgetti ha toccato due degli aspetti sui quali, nelle prossime settimane, l’esecutivo dovrà misurarsi, ossia la preparazione della manovra per il 2025 e la verifica sullo stato dell’arte in merito all’attuazione del Pnrr.

La manovra 

Sul primo fronte, malgrado qualche voce preoccupata anche all’interno dei partiti di maggioranza, il ministro ha assicurato che la manovra non sarà orientata a «lacrime e sangue», mentre parlando di Pnrr ha, di nuovo, auspicato che i tempi per la sua completa realizzazione vengano allungati per permetterci sia di riposizionare il piano, sia di realizzarne gli obiettivi. Per entrare un po’ più nel merito delle due questioni serve guardare in faccia la realtà partendo da qualche elemento di oggettività che ci viene fornito dai «numeri».

Per l’importanza che riveste il Pnrr in termini di potenzialità strutturali per il futuro del Paese, iniziamo da qualche dato che ci permette di sottolineare come l’essere riusciti ad ottenere il via libera nel mese scorso per la quarta rata dell’erogazione prevista (16,5 miliardi) e di avere richiesto l’erogazione della quinta e della sesta rata per altri 19,5 miliardi, non rappresenti un dato di per sé positivo in quanto il flusso di risorse effettivamente entrate nelle casse italiane non corrisponde ad un loro concreto utilizzo.

Secondo i dati più recenti (va detto che su questo fronte i dati sono sempre da prendere con riferimento alla loro «massa» più che puntualmente) l’Italia ha incassato, ad oggi, intorno ai 102 miliardi e ne ha spesi 25,7. Questi primi numeri dicono che, in linea teorica, il nostro sistema dovrebbe riuscire ad utilizzare altri 165,8 miliardi (se rimaniamo alla prima versione del piano che cubava 191,5) o poco meno di 200 se facciamo riferimento a quanto previsto dal piano con l’aggiunta del piano complementare (circa 222 miliardi) entro la fine del 2026.

Se a questa prima considerazione aggiungiamo il dato che dimostra come la maggior parte delle spese non sia stata indirizzata ad effettive azioni di «rilancio», perché concentrare sui bonus edilizi e sui crediti d’imposta per le imprese, risulta evidente come per gli investimenti destinati alle opere infrastrutturali siamo rimasti al palo.

Per quanto riguarda le aree sulle quali non si è stati ancora in grado di agire concretamente queste sono quelle della digitalizzazione, l’istruzione e le infrastrutture.

Nel primo caso i ritardi vengono attribuiti alla complessità dei progetti che richiedono coordinamento approfondito tra le varie aree delle amministrazioni pubbliche sia per agire all’interno della struttura pubblica sia per mettere a terra norme destinate a sostenere il «privato».

Istruzione

 Sul fronte dell’istruzione le azioni orientate ad ammodernare il sistema educativo sia sul fronte infrastrutturale, sia su quello della formazione del personale, sono rallentate sia per motivi legati alla zavorra burocratica sia per la mancanza di professionalità in grado di attuare gli indirizzi. I motivi che rendono complessa l’azione nel campo delle infrastrutture si concentrano su uno dei mali endemici del nostro Paese ossia quello che vede «il combinato disposto» tra norme burocratiche obsolete e la cronica scarsa propensione alla progettazione che ci accompagna ormai da decenni. La criticità della situazione va associata alla constatazione legata al fatto che non si stiano vedendo all’orizzonte azioni, siano esse legislative, siano concretamente orientate al fare, che possano dare qualche elemento di ottimismo per l’immediato futuro. La veloce riflessione sullo stato dell’arte relativamente all’attuazione del Pnrr si sovrappone in modo esplicito all’altra affermazione del ministro Giorgetti relativamente alla prossima manovra.

Previsioni

Se, fino ad oggi, le casse dello Stato hanno potuto fare affidamento su una liquidità un po’ «gonfiata» anche dai flussi del piano pluriennale va sottolineato come, ad esempio, le ultime previsioni sul fabbisogno di cassa per pagare gli interessi sul debito per l’anno corrente, siano peggiori (qualcuno si spinge ad ipotizzare una decina di miliardi complessivi in più) di quelle stimate nell’ultima manovra. Allo stesso tempo la procedura di infrazione della Ue a brevissimo si tradurrà in altri 13 miliardi di euro da trovare (fabbisogno che si andrà a riproporre per alcuni anni) e il tutto dovrà fare i conti con la necessità politica del Governo di mantenere alcune iniziative «provvisorie» e costose che scadranno a fine anno. L’idea del ministro che possano bastare azioni sul recupero dell’evasione e di razionalizzazione della spesa (sprechi) sembra suonare un po’ troppo ottimistica per riuscire a fare «quadrare i conti». Insomma, sia sul fronte Pnrr, sia su quello della manovra, sarà fondamentale una capacità di agire che dovrà velocemente mettere da parte dichiarazioni rassicuranti per lasciare il campo ad interventi impegnativi, rapidi ed efficaci.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato