La Consulta ridimensiona l’autonomia: serve cooperazione politica

Con un comunicato molto articolato la Consulta ha anticipato le linee della sentenza sulla assai discussa legge Calderoli, che attua una disposizione della Costituzione, così come riformata nel 2001, l’articolo 116.
Non una bocciatura complessiva della legge, ma una serie di pesantissime obiezioni. Tradotto nel vecchio linguaggio della scuola, matita blu e matita rossa sull’intero testo.
Viene così colpito un provvedimento certamente scritto male, ma soprattutto, ben al di là del merito, diventato una bandiera tanto nelle mani del governo (quantomeno di una delle componenti, la Lega) che dell’opposizione, trovatasi unita nella proposta di un referendum abrogativo inteso come referendum sul governo e sulla legislatura.
Bisognerà aspettare le motivazioni e dunque il testo della sentenza per capire l’incidenza sul referendum: saranno la Corte di Cassazione e la stessa Corte Costituzionale a decidere. Intanto le opposizioni giustamente esultano e, nel silenzio degli alleati, la Lega si limita a sottolineare la costituzionalità della legge, anche se si tratta ormai solo di uno scheletro vuoto.
Ne conseguono, in attesa appunto del merito, due considerazioni e mezza.
La legislazione «di bandiera» non porta da nessuna parte. Tanto più che, secondo lo spirito dei tempi, è spesso mal scritta e anche male incastonate nel sistema complessivo, non solo dei principi e dei valori costituzionali – opportunamente ricordati nel comunicato della Consulta – ma nel complesso dell’architettura del sistema rappresentativo.
La seconda considerazione è che in una democrazia matura le forze politiche cooperano. Solo così si fanno buone leggi e durature soprattutto sui grandi temi costituzionali. Lo facevano in Italia quando c’era la cortina di ferro, ci domandiamo perché non possano farlo ora. Salvo che si sentano oggi molto più piccole, povere e deboli di quelle di un tempo. È dei forti cooperare è dei deboli cercare forza nel conflitto.
In mezzo a queste considerazioni c’è il quadro generale, ovvero la sonora affermazione di Trump negli Stati Uniti e incredibilmente, di fronte a questo passaggio, nel bene e nel male chiarissimo, la vicenda assai poco edificante che si sta consumando nel Parlamento europeo in ordine alla conferma dei commissari del nuovo mandato von der Leyen. Dove, invece che fare corpo ci si contrappone senza costrutto e senza un briciolo di realismo politico. Almeno per il momento.
Ne consegue che, in fin dei conti, non possiamo che essere grati alla Corte, che ha salvaguardato un principio che, piaccia o no, è scritto nella Costituzione, ma ha invitato ad attuarlo inserendolo in un contesto di principi e valori, di contrappesi e relazioni interistituzionali.
Possiamo comunque essere ragionevolmente pessimisti sul fatto che ciò possa avvenire: siamo su un binario morto. Intanto anche il premierato sembra in freezer. E non sono cattive notizie. Anche perché quello che interessa ai cittadini non è il bricolage con la costituzione, ma le concrete politiche pubbliche. Intanto ci saranno domenica e lunedì elezioni ragionali: la campagna elettorale permanente non sbaracca.
Francesco Bonini - Rettore della Libera Università Maria Santissima Assunta - Lumsa, Roma
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