Jean-Marie Le Pen, per oltre 20 anni leader dell’estrema destra europea

Iniziò la sua esperienza politica con Poujade e una volta fondato il Front National capì per primo le potenzialità di stare all’Europarlamento
Jean-Marie Le Pen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Jean-Marie Le Pen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Poche figure nella politica europea sono state divisive come Jean-Marie Le Pen. Innanzitutto per le sue dichiarazioni più controverse come quella delle camere a gas naziste derubricate a dettaglio della Seconda guerra mondiale o alla necessità per la Francia di allearsi con la Russia di Putin per difendere la razza bianca (posizione che gli costò l’espulsione dal suo partito il Front National in un sorta di parricidio politico orchestrato dalla figlia Marine nel contesto di un più ampio processo di defascistizzazione del partito).

Ma soprattutto perché, seppe essere guida ed ispiratore a livello continentale in un momento in cui le destre estreme erano relegate in un angolo dell’arena politica grazie alla forza elettorale e alla presenza capillare di partiti che rappresentavano le forze democratiche che si erano opposte a fascismo e nazismo.

Il suo leaderismo e il suo ultranazionalismo gli hanno, tuttavia, impedito di realizzare una vera internazionale nazionalpopulista nonostante i forti legami costruiti ed intessuti nel corso delle legislature in cui è stato parlamentare europeo (praticamente ininterrottamente dal 1984 al 2019).

Un obiettivo che ha provato a perseguire con maggior convinzione la figlia Marine una volta che si è presa il partito e che oggi pare aver realizzato il primo ministro ungherese Viktor Orban riunendo una folta pattuglia di partiti di estrema destra sotto la bandiera dei Patrioti per l’Europa.

Ma Jean-Marie era figlio di un altro tempo, figlio del secolo breve (o come amava definirsi «figlio della nazione»): come legionario aveva combattuto in Indocina, in Algeria ed era stato a Suez; come politico aveva partecipato al successo di Pierre Poujade e a quel periodo turbolento della politica francese che ha preceduto la V Repubblica di De Gaulle.

Il sistema francese semipresidenziale con elezioni a doppio turno architettato in primis per garantire stabilità, ma anche per rendere la vita difficile agli estremismi, gli ha praticamente sempre impedito di entrare all’Assemblea Nazionale e più in generale di eleggere rappresentanti del Front National (una delle eccezioni la nipote Marion Maréchal nel 2012). Ma Le Pen è stato tra i primi a saper approfittare delle potenzialità offerte dal Parlamento europeo: il sistema proporzionale delle elezioni europee gli ha garantito, sin dalla prima partecipazione del 1984 quando il Fn ottenne un incredibile 11%, un palcoscenico politico di rilievo.

Eletto nell’istituzione che ha sempre osteggiato ha saputo intessere relazioni e consolidare una posizione politica che addirittura nel 2002 l’ha portato al ballottaggio alle presidenziali contro Jacques Chirac (in occasione del naufragio del socialista Jospin superato al primo turno di poco meno di 200mila voti). Una strategia, quella del palco europeo, utilizzata dopo Le Pen da molti leader nazionalpopulisti: Nigel Farage e Matteo Salvini per citare i due volti più noti. In fondo questo approccio rappresenta l’arma segreta delle forze dell’estrema destra: utilizzare le procedure democratiche per essere nelle condizioni di colpire lo stato di diritto.

O più semplicemente per tutti i movimenti euroscettici: andare in Europa per colpire l’Unione europea, per sabotarla dall’interno. Ad ogni modo per almeno una ventina d’anni Jean-Marie è stato il leader indiscusso dell’estrema destra europea oltre che della destra francese e del «suo» partito il Front National che ha gestito in maniera dittatoriale eliminando politicamente i vari delfini che si è scelto nel corso della sua guida assoluta durata fino al 2011 quando la figlia Marine viene eletta presidente del Fn (che poi lo farà espellere nel 2015)

Nel 2019 decide di non ricandidarsi alle Europee ma come lascito politico firma insieme a Udo Voigt (eurodeputato tedesco di Npd) la liberatoria per permettere a Forza Nuova di correre alle elezioni continentali.

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