Il valore nascosto del prendersi cura

Una società in cui gli ultimi sono aiutati è un posto migliore dove vivere. Più che di spesa, infatti, si dovrebbe parlare di investimento sociale
Una mano tesa verso i più fragili - © www.giornaledibrescia.it
Una mano tesa verso i più fragili - © www.giornaledibrescia.it
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La chiamiamo «spesa sociale» ma è metà riduttivo e metà sbagliato. Per due ragioni. La prima riguarda il termine «sociale», che potremmo definire meglio con «civiltà», qualcosa che va oltre l’essere individui o famiglie, considerandoci nel nostro insieme, come popolo, comunità.

Civiltà è quanto ci distingue «umanamente», ciò che riceviamo in dono da chi ci precede e che gratuitamente a chi ci segue trasmettiamo, in altre parole tradizione, ma pure progresso, educazione, opposizione alla barbarie, alla forza e all’astuzia come forme di dominio e prevaricazione. Qualcosa insomma di talmente vasto, vario e profondo da non poterlo misurare, che non può essere ridotto a cifre e numeri, rappresentando l’essenza stessa del nostro essere umani. Per questo possiamo dire che non ha un prezzo, bensì costituisce un valore (ed è per questo che è difficile da comprendere per i cinici, per coloro che - come li definiva Oscar Wilde - «conoscono il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna»).

La seconda ragione, invece, attiene al fatto che non si tratta di una «spesa», semmai è un investimento. A differenza della spesa, infatti, l’investimento presuppone una restituzione, prevede un ritorno, un tornaconto, spesso ben maggiore di quanto messo a disposizione.

Soltanto se la guardiamo così, se cambiamo la prospettiva di osservazione, possiamo giudicare meno superficialmente l’aiuto che viene dato alle persone più fragili, l’accudimento in comunità protette di chi subisce una violenza, l’affido a strutture o famiglie ospitali di chi ha la propria in difficoltà, la garanzia di diritti minimi (non a caso definiti «universali») per quanti sono fuori dal perimetro della residenza o della cittadinanza. Costi non indifferenti, che spesso incidono dolorosamente sui bilanci degli enti pubblici, ma che dovremmo considerare non come «spesa sociale», ma appunto «investimento di civiltà».

Violenza di genere. sono ancora moltissime le richieste d'aiuto - © www.giornaledibrescia.it
Violenza di genere. sono ancora moltissime le richieste d'aiuto - © www.giornaledibrescia.it

Un prendersi cura che stiamo lasciando appannaggio di pochi, in particolare i Comuni, ma che alla lunga conviene a tutti, perché ci fa essere ciò che siamo, il nocciolo di quanto i nostri padri e le nostre madri ci hanno tramandato, al di là delle opinioni politiche. Perché se ci dividiamo sui principi e sul quadro generale, è altrettanto vero che di fronte al caso specifico o alla singola famiglia o persona in difficoltà più difficile è girare la testa dall’altra parte. Soprattutto se ci si fida, se si è sicuri che l’altro non faccia il furbo.

Il caso della mamma single che ha scritto qualche settimana fa al Giornale ne è l’esempio più limpido. È bastato venire a conoscenza del problema e sapere che proprio il nostro quotidiano facesse da garante per smuovere decine di persone, con il debito nei confronti dell’Aler saldato in pochi giorni e una nuova possibilità di partenza senza il fardello dei debiti per quella donna schiacciata dal non avere nessuno che le desse una mano, che l’aiutasse a gestire una situazione diventata insostenibile.

Ogni giorno, nel Bresciano, sono migliaia le persone che vengono in diversi modi aiutate, dai molti enti laici o religiosi e dai Comuni. Qualcuno degli assistiti non lo meriterà, qualcun altro è soltanto un furbo (una quota di furbi, inutile mentire a noi stessi, c’è sempre: ci indigniamo per questo e facciamo di tutto per stare all’erta, tuttavia la meschinità di pochi non può essere condanna per tutti), mentre la maggior parte di chi riceve assistenza ha una possibilità di dignità, un’occasione di vita serena in più, rispetto al gramo che l’esistenza gli ha assegnato.

A chi giova tutto questo? A tutti. Una società in cui gli ultimi sono aiutati è infatti un posto migliore dove vivere. Non è una convinzione personale, bensì uno dei pilastri culturali del luogo in cui siamo nati, di questa nostra Italia e, un piano più in su, dell’Unione Europea così come decenni fa è stata fondata. Per questo lo definiamo «investimento» e non «spesa», per questo la riteniamo non soltanto un servizio sociale, ma una conquista di civiltà. La nostra.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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