Il Brandeburgo non basta a Scholz

Nelle elezioni regionali di domenica scorsa in Brandeburgo, l’esteso Land che circonda Berlino, noto per le sue bellezze naturali (laghi e foreste) e per essere una delle aree più depresse del Paese a causa della povertà, dell’alto tasso di disoccupazione e dello spopolamento urbano, ha prevalso la Spd, il partito del cancelliere Scholz.
In quello che da decenni è un loro bastione elettorale i socialdemocratici hanno raccolto il 31,9% dei consensi e certamente continueranno a governare la regione, anche se restano parecchie incertezze sul tipo di coalizione che si formerà nel parlamento regionale di Potsdam. Ma si tratta veramente di un successo per Scholz?
Certo, poteva andare molto peggio, e ancora alla vigilia del voto i pronostici davano la Spd in rimonta, ma non fino al punto di confermarsi primo partito. Da questo punto di vista il cancelliere fa bene a compiacersi del risultato, dopo una lunga sfilza di sconfitte. Ma sbaglierebbe del tutto chi pensasse che l’onda nera di Alternative für Deutschland, dopo i successi di inizio settembre in Turingia e Sassonia, sia stata fermata.
In realtà i nazionalisti di estrema destra hanno riportato un ottimo risultato con il 29,2% dei consensi e un incremento di quasi sei punti rispetto alla precedente tornata. Soprattutto hanno ottenuto oltre un terzo dei deputati, il che significa che potranno avvalersi della Sperrminorität, la cosiddetta «minoranza di blocco», la possibilità di bloccare tutte le decisioni parlamentari che richiedano una maggioranza di due terzi, come per esempio l’elezione dei giudici costituzionali.
Osservando la mappa del voto si può notare come il successo di AfD sia ampio soprattutto nelle aree rurali e povere, mentre nei maggiori centri urbani i consensi calano.
C’è un dato che emerge: come già registrato in Sassonia e Turingia, anche in Brandeburgo il voto giovanile premia l’estrema destra che nella fascia di età tra il 18 e i 24 anni è nettamente il partito più votato, tant’è che la leader di AfD Alice Weidel si vanta di rappresentare «il partito del futuro». Il candidato di punta di AfD in Brandeburgo, Hans-Christoph Berndt, esponente dell’ala estrema (quella di Björn Höcke), ha fatto campagna elettorale rispolverando gli slogan xenofobi più beceri: il pericolo della sostituzione etnica a causa dell’immigrazione, e la necessità di predisporre piani di «remigrazione», ovvero deportazione di massa nei Paesi di provenienza di migranti non assimilabili alla cultura tedesca. E ha intercettato una buona quota del malessere sociale e della protesta.
Resta il fatto che in Brandeburgo AfD non è riuscita a strappare alla Spd il primato nel Land. Ma l’affermazione dei socialdemocratici è avvenuta a scapito dei partiti alleati di governo e delle altre forze democratiche, tutte in perdita grave. È scattato un meccanismo di «voto tattico» che ha premiato Dietmar Woidke il governatore socialdemocratico uscente e ricandidato, su cui sono confluiti i voti di molti elettori verdi, liberali e cristiano-democratici. Woidke è stato abile nel trasformare il voto regionale in una sorta di referendum in cui scegliere tra lui e la destra estrema. Ha avuto successo e continuerà a governare il Brandeburgo in coalizione con la Cdu (ma i numeri potrebbero non essere sufficienti) o con il movimento di Sarah Wagenknecht (BSW) che dal nulla si è attestato al 13,5%, terzo partito del Land.
Se Scholz può, dunque, tirare un sospiro di sollievo per com’è andata in Brandeburgo, non è detto che anche per il governo da lui guidato a Berlino i segnali siano positivi. La sconfitta bruciante dei partner di coalizione, verdi e liberali, potrebbe creare nuove fibrillazioni. Del resto, la popolarità di Scholz è molto bassa, sotto al 20%, e da tempo circolano voci su una possibile crisi di governo, ovvero sulla non ricandidatura di Scholz al cancellierato nelle elezioni politiche del prossimo anno, quando lo scontro sarà con Friedrich Merz, da pochi giorni ufficialmente scelto dalla Cdu come candidato cancelliere e deciso a imprimere una netta svolta a destra al suo partito e al Paese.
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