I tempi della giustizia e le colpe del ministero

Il Pnrr per la giustizia prevede obiettivi quanto mai ambiziosi e che risolverebbero molti dei difetti da cui è oggi afflitta la giustizia: anzitutto di ridurre in modo radicale i tempi (-40% in ambito civile e -25% nel giudicante penale) e in secondo luogo di eliminare l’arretrato, ovvero le cause iscritte da più di tre anni nei tribunali e da più di due anni nelle Corti di Appello, che oggi costituisce la zavorra dei nostri uffici.
Per essere ancora più concreti l’obiettivo sarebbe di arrivare a processi che durano tra gli otto mesi e l’anno con punte superiori solo nell’appello penale.
Obiettivi che, secondo i dati ministeriali nazionali aggiornati al primo semestre 2024, sono ampiamente raggiungibili nel settore penale, mentre in chiara difficoltà nel settore civile. Stando all’ultimo monitoraggio ministeriale, che fotografa la situazione al 30 giugno 2024, risulta che dal 2019 i tempi prevedibili (disposition time) si sono ridotti del 22,9% nel settore civile e del 32% nel settore penale, mentre le pendenze sono calate rispettivamente del 23,3% e del 54,5%.
Se approfondiamo uno sguardo sugli uffici giudiziari nel nostro territorio vediamo che, al di là di luoghi comuni e inevitabili insoddisfazioni, l’andamento non è per nulla negativo con tratti incoraggianti.
Per la Corte di Appello i dati di partenza del 2019 erano inferiori a quelli nazionali solo per il settore penale ed il miglioramento avutosi è stato poderoso con risultati eccezionali per questo settore con una diminuzione dei tempi della metà e delle pendenze di circa il 70 % e ottimi per il civile, con una riduzione di circa un terzo dei tempi. Quadro che la vede come una delle migliori Corti italiane. Anche se è molto preoccupante la attuale forte scopertura degli organici del personale (-33,53%) e dei magistrati dove mancano, dopo un periodo di relativa stabilità, ben 9 consiglieri su 30.
Per i tribunali del distretto emergono due elementi: i tempi medi di partenza nei tribunali erano già nel 2019 molto migliori di quelli nazionali con durate inferiori all’anno, salvo che per Brescia ove arrivava ad un anno e mezzo. La tendenza di riduzione di tempi e pendenze poi è inferiore a quella nazionale, salvo che a Bergamo nel settore civile, ed arriva in alcuni casi addirittura ad aumentarli. Più fattori possono spiegare questi ultimi dati negativi.
Il Tribunale di Brescia nel settore civile soffre, come tutti i tribunali dei capoluoghi di distretto del Nord e Centro Italia, il forte impatto che ha il carico di cause per la protezione internazionale (circa un quarto di tutte le pendenze civili).
Inoltre i tempi medi del settore penale sia a Bergamo che a Brescia – da sei a nove mesi -, possono essere migliorati solo parzialmente se si vuole continuare ad assicurare un adeguato contraddittorio.
Per Cremona e Mantova si tratta invece di uffici di dimensioni medio piccole che risentono in modo molto accentuato di ogni scopertura di organico, che attualmente (ma purtroppo il dato è presso che cronico) arriva in entrambe le sedi al 40% del personale giudiziario, al 16% dei giudici a Cremona e al 21% a Mantova.
Inoltre si tratta di tribunali dove l’Ufficio per il processo, la struttura costituita da giovani laureati assunti a tempo determinato proprio a seguito del Pnrr che si è rivelata molto rilevante per un recupero di efficienza, ha avuto meno impatto a causa dello scarso reclutamento iniziale e del tuttora elevato numero di vacanze.
Problemi comunque che saranno agevolmente superabili, una volta coperte le carenze esistenti, data l’ottima base da cui si partiva e il numero comunque contenuto di procedimenti pendenti.
Purtroppo tutti gli uffici del distretto soffrono di una fortissima scopertura del personale amministrativo, dal 18,31% del Tribunale di Bergamo al 39,66% del Tribunale di Cremona, perdurante nel tempo, oltre ad una significativa mancanza di magistrati. Ed i Tribunali di Brescia e Bergamo a livello di organici sono già tra gli uffici a livello nazionale che hanno meno magistrati e meno personale in rapporto al numero di procedimenti introitati.
È chiaro che vi sono evidenti responsabilità del Ministero della Giustizia, sia per la cronica mancanza del personale amministrativo, sia per la continua lontananza, quasi che gli obiettivi del Pnrr siano di altri e non comuni. Ma queste responsabilità, che comunque vanno rimarcate, non devono essere un alibi, ma anzi diventare uno stimolo per migliorare. Il rimedio non è nell’invocare una sempre maggiore produttività dei singoli, sia perché in molti casi si è già giunti a limiti difficilmente superabili, sia perché il formidabile rischio oggi è di privilegiare la quantità sulla qualità e quindi sulla bontà delle decisioni. Ma bisogna continuare a lavorare per una migliore organizzazione che punti su specializzazione, supporto alla giurisdizione, applicazioni delle tecnologie (ed in particolare dell’intelligenza artificiale), monitoraggi.
E poi occorre una sempre maggiore sinergia tra comunità locali e giurisdizione: i tribunali, le Corti, gli avvocati non sono estranei da cui diffidare, ma organi fondamentali per assicurare una pacifica regolazione dei conflitti e il perseguimento di gravi violazioni delle regole che alterano il vivere civile.
Solo così potremo avere risultati superando le insoddisfazioni che purtroppo, spesso a ragione, investono il funzionamento della giustizia.
*Claudio Castelli- Ex presidente della Corte d’Appello di Brescia
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
