Effetto Magdeburgo: la strage condiziona il clima elettorale

Tranquilla cittadina di medie dimensioni, capoluogo della regione Sassonia-Anhalt, ex Ddr, Magdeburgo è entrata nell’atroce topografia delle stragi consumatesi in territorio tedesco nell’ultimo decennio, aggiungendosi a Hanau, Halle, Solingen, e Berlino (massacro al mercatino di Natale nel dicembre 2016).
La reazione dei mass media e dell’opinione pubblica è all’insegna del dolore, dello sgomento, della rabbia e dell’impotenza. Soprattutto perché si fa una grande fatica non solo a capire le motivazioni che hanno spinto Taleb Al Abdulmohnsen a scaraventarsi con un Suv nero contro persone inermi, ma anche perché questo massacro sfugge a tutti gli schemi del recente passato.
Le modalità sono quelle del terrorismo jihadista, ma il colpevole non corrisponde in nulla al profilo degli autori di altri attentati simili.
È un uomo di cinquant’anni, d’origine saudita, medico, perfettamente integrato nella società tedesca. Non è un islamista, anzi, pare fosse molto critico verso la religione musulmana e che rimproverasse alla Germania un’eccessiva tolleranza verso l’Islam, con simpatie per l’ultradestra. Insomma, un caso anomalo, che non si lascia incasellare in un’ideologia precisa, e che appare del tutto irrazionale e perciò, forse, ancora più inquietante.
L’eccidio di Magdeburgo irrompe così nella campagna elettorale tedesca, appena iniziata e destinata a concludersi il 23 febbraio con le elezioni politiche anticipate. Le polemiche e le strumentalizzazioni sono iniziate subito. Il cancelliere Scholz, accorso sul luogo a rendere omaggio alle vittime, è stato accolto da una selva di fischi.
A governo e forze di sicurezza si rimprovera di avere sottovalutato i rischi connessi con l’afflusso incontrollato di migranti e rifugiati, di non aver fatto predisporre le necessarie misure di protezione in luoghi a rischio come i mercatini di Natale, oltre al fatto di avere trascurato le segnalazioni sulla pericolosità dell’attentatore, pervenute già nei mesi scorsi.
A cavalcare la protesta è naturalmente Alternative für Deutschland, il partito della destra estrema, che ha chiesto una sessione speciale del Bundestag per prendere provvedimenti e ha indetto a caldo una manifestazione di protesta alla quale hanno partecipato alcune centinaia di militanti con striscioni inneggianti alla «remigrazione», ovvero l’espulsione di tutti gli immigrati ritenuti non integrabili. Il fatto che l’attentatore sia originario dell’Arabia Saudita è più che sufficiente per alimentare fobie anti-migranti. I primi sondaggi post attentato danno AfD in crescita, al 20%. Paradossalmente, però, potrebbe essere lo stesso Scholz a trarre vantaggio in termini elettorali dalla strage. Il suo appello all’unità e alla solidarietà del Paese «per non permettere a chi vuole seminare odio di farla franca» ha rafforzato la sua leadership assai sbiadita. Tre anni fa gli riuscì una rimonta insperata sull’avversario della Cdu Armin Laschet. Stavolta ha di fronte un osso molto più duro quale è Friedrich Merz. L’impresa appare impossibile visto il divario di consensi registrati dagli istituti demoscopici (30% CdU, 16% Spd), ma due mesi in politica sono lunghissimi e molte cose possono accadere, specie se predomina un clima di paura.
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