E se rompi uno specchio

Joe viene da un altro continente, ma vive in Italia dalla fine degli anni Sessanta. È arrivato che era poco più di un ragazzo e non si è più spostato. Ha scelto per moglie una sua connazionale di cui si era innamorato tra i banchi di scuola. L’ha fatta arrivare e si sono sposati. Un po’ un matrimonio sulla fiducia. Ma ha funzionato e continua a funzionare, quindi era una fiducia ben riposta.
Joe, appena arrivato, trova lavoro in un’attività avviata da altra gente arrivata in Italia pochi anni prima di lui. Anche quell’attività è ancora in piedi, anche se nel frattempo si è trasformata, come è normale che sia per qualsiasi impresa. Quel lavoro Joe lo ha tenuto fino al momento della pensione, che sta usando per guardare sport in tv, viaggiare e stare con i nipoti.
Il suo lavoro è consistito nell’essere il «tuttofare», che adesso sarebbe un concetto difficile da esprimere e declinare e probabilmente nel contratto era espresso in termini più compiuti, immagino come «magazziniere» o addetto a questo o a quello.
Fatto sta che Joe ha sempre goduto della massima stima di chi ha lavorato con lui. Ha saputo risolvere una mareggiata di problemi con la grazia di un sorriso. Il suo segreto? Fare leva sulla superstizione. «Tutti i paesi hanno regole non scritte e credenze su ciò che porta fortuna o sfortuna. Io ho studiato quelle che funzionavano qui. Ho trovato che la gente è superstiziosa anche quando dichiara di non esserlo. Se sa di correre il rischio di fare qualcosa che “porta male” evita di farlo. Un po’ è consapevole e un po’ no, ma la maggior parte segue il flusso». Per esempio, per evitare che parcheggiassero davanti ai contenitori per la raccolta della carta ha scritto «Parcheggiare qui porta sfortuna».
«Una volta – assicura – mi hanno chiesto se pagando potevano parcheggiare. Ho detto che non accettavo soldi, ma il posto era libero e io non ero nessuno per impedirgli di metterci l’auto. Se lo desideravano, che lo facessero. Se ne sono andati».
Allo stesso modo ha usato specchi in bilico, scale aperte davanti alle porte da non aprire e molte altre che mi piacerebbe dettagliare, ma non me ne ha dato il permesso. Ho dichiarato solo quello della sfortuna nello scegliere il parcheggio perché me lo sono già personalmente giocato e per un certo periodo di tempo ho usato la stessa strategia per impedire che lasciassero far pipì ai cani sul mio cancello. Posso garantire che funziona: un risultato notevole a fronte di uno sforzo minimo.
Joe è molto orgoglioso della propria tattica, ma fa una raccomandazione: «Sono molto geloso delle mie idee, è ovvio, ma posso far presente che la strategia di base: individua la forza che ti è ostile e sfruttala contro chi la esercita, indirizzandola al punto debole». A me è sembrata una buona filosofia di vita. Riformulo: mi è sembrata un’ottima pratica di autodifesa.
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