Opinioni

Cose da far entrare, cose da lasciare fuori

Perché sappiate costruirete bene il mondo in cui stare, dal momento che finire per somigliargli. Non aspettate l'anno nuovo, cominciate proprio subito
Propositi per l'anno nuovo? Selezionare cosa fa parte del nostro quotidiano
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Ho la pessima abitudine di ascoltare tutto quello che la gente dice.
A corollario, ho il ragionevole pregio di dimenticare in tempi abbastanza brevi. Di ciò che mi passa per le orecchie, mi restano impigliate in mente le parole che mi incuriosiscono oppure quelle che vengono ripetute con maggiore frequenza. Per esempio, dalle ultime settimane, mi sono rimasti «bias» (distorsioni), «polarizzazione» (la tendenza a dividersi in fazioni opposte), «in purezza» (senza scorie o interferenze), «rage bait» (la creazione intenzionale di contenuti, prevalentemente sociale, che possono scatenare reazioni intense, al fine sostanziale di aumentare la visibilità e alimentare il disaccordo).

Niente che io trovi particolarmente apprezzabile. Eppure, avendole in mente, sono espressioni che poi mi capita di usare. Anzi, più le rifiuto e più mi capitano sulla punta della lingua.

Per associazione di idee questo mi ricorda Rachele, che a una cena di Capodanno si mise a discutere accanitamente con Giovanni sul tema dei riti scaramantici: indossare qualcosa di rosso, mangiare lenticchie, avere l'uva in tavola, buttare via qualcosa di vecchio, vedere come prima persona un maschio e altre usanze che (come ormai sapete che mi accade) ho scordato.

Rachele giocava la parte della razionale scettica, Giovanni sposava la causa delle credenze radicate negli usi comuni. Andò per le lunghe ed ebbe strascichi. Giovanni, bibliofilo di vaglia, aspetta febbraio per regalare a Rachele un libro francese che era il compendio storico delle superstizioni (non so se solo d'oltralpe o più internazionali). Rachele, che padroneggia il francese, cominciò a leggerlo per riderne. Ad aprile, non (ovviamente) mi ricordo per quale occasione, la rividi e mi regalò il libro. Io non parlo il francese, non lo capisco a orecchio, tanto meno lo leggo. Non se ne curò: «Te lo lascio per liberarmene, non riesco a togliermi dalla testa quello che ho letto». Insomma, non era esattamente un dono: era una specie di scaricabarile emotivo.

Il volume è ancora da qualche parte nella mia libreria. Mi guardo bene dall'aprirlo.

Perché raccontarvi tutto questo? Perché sappiate costruire bene il mondo in cui stare, dal momento che finire per somigliargli. Non aspettate l'anno nuovo, cominciate proprio subito.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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