Arrivare a 90 anni per viverli appieno

«Lei mi sembra un po’ più giovane di me» e scatta l’inesorabile domanda: «Indovini: quanti anni ho?»
Trovare ogni giorno la forza di alzarsi, anche quando le ginocchia fanno male © www.giornaledibrescia.it
Trovare ogni giorno la forza di alzarsi, anche quando le ginocchia fanno male © www.giornaledibrescia.it
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Ho conosciuto Irma nella sala d’attesa di un reparto di radiologia. Eravamo sedute vicine, tutte e due lì per ritirare un referto. Quando la chiamano, le chiedono il modulo necessario. Lei armeggia nella borsa, tira fuori qualche carta e deve passare in rassegna i fogli più volte prima di estrarre dal mazzo quello giusto.

Mentre lei fruga, inizio anch’io a spulciare tra i documenti. Nel mentre, ci scappa un’occhiata e scambiamo un cenno d’intesa. Irma ha in pugno il suo referto, ma prima di andarsene mi borbotta: «È l’età...». Rispondo: «È l’attitudine...». Irma si ferma, mi soppesa e valuta criticamente: «Lei mi sembra un po’ più giovane di me» e scatta l’inesorabile domanda: «Indovini: quanti anni ho?».

Sono una rinomata lusingatrice di anziane signore e quindi parto da una decina di meno di quel che le darei, ma mi sbaglio di grosso perché ne ha una decina in meno di quello che penso: ne ha fatti 90 in questi giorni. Mi complimento, sul serio (e persino tralascio di esserle «forse sembrata» un pochino più giovane, quindi non le dico nemmeno che potrebbe essere comodamente mia madre).

Irma si mette la borsetta sul braccio e confida: «Devo aspettare mia nipote, che viene a prendermi. Non c’era bisogno che mi accompagnasse, ma preferiscono sapermi con qualcuno di famiglia. Li faccio contenti...». Dopo avermi raccontato una routine giornaliera che farebbe invidia a qualcuno che non ha ancora l’età per la pensione, Irma si avvia alla porta automatica. Non vede nessuno e torna a sedersi: «Non è che non abbia degli acciacchi... ci mancherebbe. Però mi sta così a cuore campare libera, che io mi alzo tutte le mattine anche quando le ginocchia non vorrebbero».

Non ricordo le sue esatte parole, ma il senso mi è arrivato benissimo: per arrivare a una certa età, bisogna avviare una doppia trattativa. La prima è quella con il proprio corpo, che va assecondato e sollecitato, ascoltato ma non troppo, seguito ma non viziato, richiamato all’ordine e riguardato. Il secondo fronte di compromesso è con la gente che ti vive attorno: devi accudirla ma lasciarla andare, apprezzare che si preoccupi per te ma mantenere la giusta distanza, accettare che invada i tuoi spazi fin dove non arriva il confine primo e ultimo della tua autodeterminazione.

Detto da lei sembrava facile e ragionevole. Ho ritirato anch’io il mio referto, però mi va di tenerle compagnia per ascoltarla fino a che la nipote non arriva. Irma si alza, la affianca. Fanno due passi e poi la nipote fa come se le fosse venuto in mente qualcosa e le allunga il braccio. Irma la guarda con l’espressione di un’attrice che per un attimo aveva dimenticato la parte, quindi accetta il braccio. Si gira verso di me: «Poi magari muoio domani, neh». Che come suggello di tutto quel che mi ha detto, vale tantissimo. Grazie Irma per tutta questa saggezza: la racconterò in giro, magari interessa anche a qualcun altro.

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