Obesi digitali

Mettere il telefono sul tavolo significa comunicare a tutti una priorità

Se suona, se anche solo si illumina o vibra, smettiamo di ascoltare chi ci circonda per guardare il cellulare
Uno smartphone - Foto Unsplash
Uno smartphone - Foto Unsplash
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Mi capita a volte di andare a cena con delle persone. Amici o contatti di lavoro poco importa, perché spesso c’è una sola, inevitabile, costante: i telefoni sul tavolo. Stanno lì, accanto al tovagliolo o vicino al cucchiaino del dolce, a puntellare la cromìa della tovaglia con i loro prepotenti rettangoli neri quasi fossero ormai parte integrante, imprescindibile direi, della mise en place del terzo millennio.

Prepotenti? Sì, avete letto bene. Perché comandano loro, inutile negarlo. Mettere il telefono sul tavolo vuol dire comunicare a tutti una priorità: se suona, se anche solo si illumina o vibra, smetto di ascoltare chi siede a tavola con me e guardo il cellulare. Lo faccio, e paradossalmente lo fa anche chi mi sta parlando. Insomma: uno parla, uno ascolta, il telefono si accende e ci si distrae in due, con tanta pace del discorso che inevitabilmente si spezza.

Questo terzo incomodo ha però degli effetti. Uno è il seguente: se ti parlo e ti metti a guardare il telefono, ci resto male. Magari non me ne accorgo nemmeno, magari, ma mi fa male lo stesso. E inevitabilmente attivo le difese, che poi è fondamentalmente una: smetto di parlare, o almeno smetto di parlare di cose importanti.

Lo ha rilevato uno psicologo, nella specie il Professor Dolce, che ha osservato come quando c’è un telefono sul tavolo il discorso inevitabilmente scende di livello. Il perché è ormai facile da intuire: magari non hai ancora deviato lo sguardo sul telefono, ma il fatto che stia lì bello adagiato sul tavolo vuol dire che lo farai non appena arriverà una notifica, o magari sarai tu a consultarlo con nonchalance senza nemmeno aspettarla, facendomi credere che sono terribilmente noioso o poco interessante.

Probabilmente non è così: non sono una zuppa. Magari quel che sto raccontando addirittura ti piace, ti interessa, e alla fine sei tu che non riesci a resistere al rettangolino luminoso. Magari è così, ma quello non è il messaggio che arriva a me che sto parlando. A me arriva, e perdonate se lo ripeto ma è fondamentale capirlo, un solo significato: valgo meno del telefono.

E se si è così bravi da non pensarci, da cercare di ignorare il telefono a che se arrivano notifiche perché vogliamo dedicarci a chi ci sta di fronte? Beh, sforzo lodevole, non c’è che dire, ma forse vano. Perché per non pensare al telefono, devo pensare al telefono e metterci un «no» davanti. Il che in parole povere vuol dire, comunque, non prestare attenzione a chi mi parla.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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