Imparare a cavalcare l’intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale. Se ne parla tantissimo. Se ne userà a tonnellate (e già se ne usa, anche dove non ce ne accorgiamo). Siamo di fronte ad una svolta storica, epocale.
Sundar Pichai, amministratore delegato di Google sostiene che quella dell’intelligenza artificiale, che d’ora in poi anche noi chiameremo AI, è una rivoluzione vera e propria, tale da portare nella storia dell’umanità cambiamenti tali da far impallidire fuoco, ruota ed elettricità tutti insieme.
Non so se sarà così, ma le avvisaglie ci sono. Anche perché per la prima volta dall’alba dei tempi una tecnologia non si limita a potenziare le nostre capacità, ma ci permette addirittura di inventarne di nuove. Senza alcuna formazione, senza alcuna capacità. In altre parole: se prima una ruspa poteva solo moltiplicare per X la forza di braccio più badile, se oggi un computer ci permette di scrivere più velocemente per esempio, di fatto già attualmente una AI consente ad uno come il sottoscritto, che non sa disegnare e confonde Beethoven con Caparezza (o quasi, dai, è un modo per sottolineare la mia assoluta incapacità in campo musicale) di creare musiche decenti semplicemente inserendo il testo e scegliendo il genere (per esempio su suno.ai), oppure - sempre nonostante i miei esagerati limiti in campo grafico - di creare immagini decenti, a volte anche belle, semplicemente inserendo un testo che le descrive (il prompt, nelle prossime settimane ci arriveremo).
Insomma: non solo potenzia, ma addirittura apre nuovi orizzonti al nostro cervello. La cosa è positiva, sarebbe positiva, se non ci fosse dietro l’angolo un pericolo. Se infatti questa tecnologia meravigliosa, che a volte lambisce i confini della magia per certi versi, finirà per sostituire, un passettino alla volta, la nostra potenza creativa, che ne sarà?
Cambierà soltanto il nostro modo di produrre inventiva, o poco per volta si esaurirà, delegato ad algoritmi e macchine?
È, questo, solo uno dei tantissimi dilemmi che filosofi, tecnici e semplici appassionati palleggiano insieme ad altri tanti, tantissimi, interrogativi che hanno per oggetto futuro e AI. Ma attenzione: in gioco c’è appunto il futuro (come sottolineato dal recente vincitore del nobel per la fisica Hinton) e quindi dobbiamo giocarcelo bene.
Lo dobbiamo fare per uscire in piedi da quella che invece Baricco (The Game) da tempo definisce non «rivoluzione digitale», ma «rivoluzione mentale».
Beh, posta alta, sfida emozionante. Per questo motivo con Obesi Digitali, nel solco della mission di aiutare un uso consapevole delle tecnologie, abbiamo deciso di accompagnarvi in questo viaggio. Senza entrare troppo nel tecnico, senza magari un filo logico. Così, a step, insieme per imparare a cavalcare l’onda della AI. Perché, come ben ha detto Mustafa Suleyman (fondatore di Deep Mind, autore de L’onda che Verrà), quella che abbiamo di fronte è un’onda.
Avete presente i «cavalloni» al mare? Divertentissimi, ma anche pericolosi. La differenza sta nel modo in cui li affronti.
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