Il tradimento e la bugia del «ti ascolto» mentre parli con qualcuno fissando lo smartphone

Partiamo con una regola fondamentale, la prima e più importante. Anzi, con una domanda, come al solito: quando qualcuno ti parla lo guardi? O ti capita, ti è capitato, di guardare contemporaneamente il telefono?
E magari di dirgli anche «ti ascolto»?
Bene, sappi che se è successo, quel comportamento e quella tua affermazione hanno due nomi: tradimento e bugia.
Ma come mi permetto?
Beh, sì, forse di primo acchito questa mia sparata può dare fastidio, ma proviamo a riflettere un attimo prima di lanciarci nel giudizio: una persona ti parla e si aspetta che tu la stia ascoltando. Semplice vero?
Non proprio, perché se in quel momento stai guardando il telefono, sei letteralmente altrove. O meglio: col corpo ci sei, ma la tua testa, il tuo pensiero e, per certi versi, anche il tuo cuore son da un’altra parte. Non importa dove, non importa nemmeno se stai digitando o leggendo una mail di lavoro molto importante, perché a chi ti parla stai dando un messaggio molto preciso: c’è qualcuno, o qualcosa più importante di te.
Questo, signori, non è un piccolo e comunque doloroso tradimento?
Forse quella persona, che magari è tuo figlio o il tuo partner, non se ne rende conto, almeno consciamente. Ma sta di fatto che farà molta fatica a parlarti di cose importanti se sei da un’altra parte. È stato osservato che quando ci perdiamo nell’uso del telefono, specie se siamo su un social (e badate bene, anche Whatsapp è un social) entriamo nel cosiddetto «flow» (ne parlerò in un’altra puntata), il che vuol dire che siamo totalmente conquistati dallo schermo e non ci rendiamo conto di quel che accade attorno a noi, e nemmeno del tempo che passa. Lo capisci? Perdiamo il contatto con lo spazio e il tempo, siamo letteralmente in un’altra dimensione, e vogliamo convincerci del fatto che ascoltiamo davvero la persona che ci parla?
Tra l’altro alcuni test hanno dimostrato che, anche una volta riposto il telefono, riusciamo a concentrarci bene su quel che ci viene detto in non meno di ottanta secondi, ossia circa un minuto e mezzo. E sappiamo bene quante cose si possono dire, anche molto importanti, in un tempo del genere.
Quindi, ecco la bugia: «ti ascolto». Non è vero, cerchiamo di capirlo. Anche perché se ti ascoltassi davvero non avrei bisogno di dirlo, non trovi? Un proverbio latino del medioevo diceva «excusatio non petita, accusatio manifesta», che poi vuol dire semplicemente «scusa non richiesta, accusa manifesta». In poche parole, con quello sguardo altrove e quella frase di cortesia («ti ascolto») mentiamo anche a noi stessi.
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