I genitori e lo «sharenting»: basta postare i figli sui social

Sharenting. Conoscete questa parola?
Facciamo una prima riflessione: se si conia un nuovo termine, vuol dire che il fenomeno a cui esso si riferisce si ripete talmente tante volte che si è dovuta cercare una «scorciatoia» linguistica per indicarlo. Una nuova parola appunto: «sharenting».
E che vuol dire? Uso le parole tratte dal sito del Garante Privacy: «Con il termine “sharenting” si intende il fenomeno della condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie)».
Ebbene, forse non tutti sapevamo che si usasse quella parola, ma tutti, o quasi tutti, abbiamo effettivamente «fatto sharenting», ossia condiviso e pubblicato di continuo foto, video, o anche parole riferite ai nostri pargoli. E se è vero da un canto che «ogni scarafone è bello a mamma sua» e che ci piace tantissimo esibire con somma fierezza le gesta, o anche solo la bellezza, dei nostri eredi, d’altro lato è lecito, anzi è corretto, chiedersi se questa continua esposizione sia giusta. Ed anche se sia gradita, da loro.
Se ne è occupato appunto lo stesso Garante Privacy, se ne occupano anche alcune organizzazioni internazionali come Save The Children, e se ne sta occupando anche il Parlamento, che ha in calendario una legge proprio su questo tema. Ma se ne sono occupati anche i tribunali: in alcuni casi sanzionando la condotta di chi «postava» foto di minori senza il consenso dei genitori, in altri imponendo in caso di separazione coniugale una apposita clausola social, nella quale appunto i genitori valutavano tra le condizioni di separazione quella di poter condividere o meno le foto dei figli (come i famosi Ferragnez per esempio).
Bene: ne parlano tutti. Gli adulti. Ma mi sorge spontanea una domanda: e i figli? Cosa ne pensano? Ho provato a parlarne con alcuni giovani e la risposta è stata sempre, sempre sia chiaro, la stessa: detestano quando la mamma o il papà li fotografa e poi spara su qualche social l’immagine.
È una cosa che non sopportano. Punto. Quindi, e mi rivolgo a noi genitori, smettiamo di postare foto dei figli (e magari anche foto nostre imbarazzanti, sia chiaro). O almeno iniziamo a chiedergli espressamente, di volta in volta, se gradiscono. In fondo dobbiamo renderci conto che postare una foto non è semplicemente mostrare un’immagine, ma è svelare al mondo tutta la storia che quella immagine racconta: dov’eri, con chi, cosa facevi. E forse anche cosa provavi.
Sicuri che i ragazzi siano felici di ciò? Sicuri di non poter cogliere l’occasione di imparare da loro una lezione sul valore della riservatezza?
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
