Votare No per riaffermare la sovranità popolare

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Da alcuni anni la «politica» fa dell’uso dell’antipolitica un tentativo molto riuscito di reclamare a parole (senza successo nel concreto) una diminuzione dello stipendio dei parlamentari. Su questa lotta alla casta molti hanno costruito le proprie fortune politiche. Ma davvero i nostri parlamentari guadagnano così tanto? Quanto tempo dedicano al loro lavoro? È davvero questo il problema del nostro Paese? Nella mia lunga esperienza di militanza politico sindacale e con i 65 anni sulle spalle ho avuto la fortuna di avere conosciuto alcuni parlamentari, per conosciuto intendo averli frequentati, discusso con loro e perfino litigato in aspre discussioni politiche. Voglio qui ricordarne solo due da tempo scomparsi, l’on. Italo Nicoletto e l’on Dolores Abbiati entrambi del partito comunista italiano. Due persone stupende che al loro impegno e lavoro hanno dato molto di più di quello che hanno ricevuto. Erano parlamentari instancabili, dentro e fuori dal Parlamento, impegnati in ogni giorno della settimana, negli incontri nelle sezioni, nei comizi alle feste dell’Unità, ovunque se ne reclamasse la presenza e il bisogno. In tantissimi anni di militanza non ho mai sentito dire una sola volta che i parlamentari percepissero stipendi troppo elevati. Perché? Perché facevano bene il loro lavoro e perché agli scranni del parlamento arrivavano quasi sempre persone dopo una lunga e dura selezione basata sulla serietà del loro impegno, militanza, e delle loro reali capacità. Non è come oggi dove i partiti sono praticamente scomparsi e un mister nessuno può diventare un parlamentare perché fedele o simpatico al segretario, oggi non c’è una selezione, non c’è una valutazione e molte volte si trovano parlamentari senza conoscenza alcuna della storia di questo Paese. E non va meglio se pensiamo a chi oggi è alla guida del Paese e mi riferisco al presidente del Consiglio Renzi. Da quando è finita la luna di miele delle elezioni europee vinte grazie al bonus degli ottanta euro ha infilzato una serie di errori, dalla fallimentare politica economica, alla riduzione o cancellazione dei diritti dei lavoratori, alla sua ostinata testardaggine di rottamare 47 articoli della nostra costituzione. Ormai è allo scontro perfino con sé stesso dato che continua a cambiare posizione: un giorno è per la personalizzazione e un altro per la spersonalizzazione del referendum, imperversa su tutte le televisioni e giornali in quanto presidente del Consiglio ora minacciando il crollo del mondo nel caso di una sconfitta del suo fronte del Sì, oppure dicendo che qualsiasi sia l’esito del referendum egli rimarrà fino alla conclusione della legislatura(ipotesi questa più praticabile per fare maturare i vitalizi ai parlamentari). Nelle ultime ore il suo impegno è teso allo scontro nei confronti della minoranza del suo partito ormai apertamente schierata sul fronte del No in difesa della democrazia e rappresentanza. Nel coro dei fans Renziani solo la voce simpatica del suo amico Farinetti ha avuto l’ardire e dire a Renzi: guarda che sei sempre più antipatico e smettila di fare il primo della classe. Questa è la classe di governo oggi e questo spiega perché vi è astio nei confronti della politica e se ne chiede la riduzione degli stipendi. Oggi chi ci governa vuole cambiare ben 47 articoli della costituzione per avere maggiore potere di governare a proprio piacimento, vuole un parlamento di nominati e in molti casi di incapaci fedeli. Per impedire tutto ciò abbiamo una grande occasione: il 4 dicembre votare No, per riaffermare il nostro diritto di scegliere chi ci debba rappresentare e il nostro diritto di avere la sovranità come popolo così come sancito nel primo articolo della nostra costituzione vigente.

// Gianpietro Patelli
Lumezzane

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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