Viva la Cesarina e il suo coraggio contro l’usura

La Cesarina, oltre che una bellissima mazurka, era la mia mamma. Da lei, ho imparato l’importanza dell’impegno, per il raggiungimento e la conservazione, dei Diritti fondamentali, di ogni uomo e di ogni donna. Grazie al suo esempio, ho fatto la mia prima tessera sindacale, nel 1979, a quindici anni. Ma uno degli eventi più importanti e dolorosi, della sua splendida vita e, di conseguenza, della mia, è più recente: siamo nel 1996, mio padre è appena volato via e in un momento di palese difficoltà economica, arrivano, puntuali, gli avvoltoi. Il fenomeno usura, che spesso, impropriamente, pensiamo sia un problema concentrato in qualche remota zona del Sud Italia, da anni e forse, da sempre, è presente anche da «noi» e nel nostro caso, parliamo della Valtrompia. Gli avvoltoi, spalleggiati da personaggi ben inseriti, che conoscono bene la tua situazione finanziaria, arrivano, puntuali, travestiti da salvatori, a proporti una soluzione. La soluzione, nel caso di mia madre, fu darle, nel giro di poche ore, sei milioni di lire, che nel giro di sei mesi, diventarono un «debito» di sessanta, con il valore aggiunto di minacce telefoniche continue e di appostamenti sotto casa, in perfetto stile mafioso. Ora, i signori che taglieggiarono la Cesarina, erano dei prestanome, tra l’altro autoctoni, uno di Pezzaze e l’altra di Sarezzo, in stretto contatto con un solerte impiegato bancario che, appunto, conosceva bene la nostra situazione finanziaria, ma che invece di proporre soluzioni legali, ti indirizzava direttamente verso l’inferno dell’usura. Come ogni mamma, la Cesarina porta questo peso, enorme, da sola, senza condividere, o farsi aiutare, fino ad arrivare al limite e anche grazie a due angeli, di Zanano, di cui una, viaggiava su «quattro ruote», ma vedeva più in là di tanti altri, fa la cosa giusta, difficile, ma naturale: va a bussare alla caserma dei carabinieri di Gardone Valtrompia. Ecco, in una persona con alti valori, ci può essere un momento in cui si cade, ma c’è sempre una seconda fase, in cui, si cerca il riscatto e si rialza decisamente la testa. Mia madre, nel suo piccolo, fu la prima persona, a denunciare, in Valtrompia, non a Scampia, l’esistenza dell’usura. La denuncia, interruppe il suo dramma, ma non si fermò qui; decidemmo, finalmente insieme, di tradurre una vicenda dolorosa, in qualcosa di positivo: nacque il Comitato antiusura, associazione che, in diciassette anni, ha raccolto altre denunce, ha ascoltato altre vittime e ha letteralmente cambiato, in meglio, le nostre vite. Il comitato, ora che la Cesarina è volata via, ha rallentato il suo percorso, ma continua, con discrezione, a seminare legalità, in un territorio che non è immune dalle infiltrazioni di «brava gente», che trova terreno fertile nella ricchezza, ma che nulla potrebbe, senza la complicità di alcuni di noi. La Cesarina, non è solo una bellissima mazurka, era la mia mamma.
Gabriele Angelo GueriniIseo
Caro Gabriele, avremmo voluto conoscerla, «la Cesarina», o forse l’abbiamo conosciuta, incarnata in una delle molte persone con la schiena dritta, passate dal bisogno al passo falso, dal riscatto all’espiazione definitiva. Di più. Una «Cesarina» possiamo essere noi, ciascuno di noi, ridando slancio al comitato anti-usura, tenendo desta l’allerta e offrendo ascolto a quanti sono tentati di accettare una mano da chi punta invece alla gola. Per farlo, la prima raccomandazione ci pare essere questa: non si abbia pudore. Le disavventure capitano, i momenti difficili pure, non bisogna provarne vergogna. Prima ancora del debito i malviventi che campano di affari loschi confidano proprio nella riservatezza. Secondariamente però è la parte sana della società che deve trovare risposte, come fecero a suo tempo personaggi illuminati, che compresero quanto importante fosse la concessione di credito legale. Ora la finanza è cambiata, eppure esistono modi per concedere aiuto, quali ad esempio il prestito d’onore. L’antidoto naturale all’usura si compone di due elementi: coraggio e fiducia. (g. bar.)
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