Viva il Cottinelli Dove i laboratori sfornano bellezza

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Chi entra anche una sola volta al Cottinelli, (laboratorio Anffas-sez. Fobap), si trova immerso in un luogo colmo di suoni, odori, voci, tavoli, attrezzi, strumenti e materiale da lavoro e, naturalmente, ragazze e ragazzi di età variabile tra i venti e gli ottant’anni circa. Sono «ospiti», educatori, volontari, affaccendati intorno ai tavoli, ognuno al proprio compito. In qualche angolo, mobili in restauro, oggetti vintage, lavori di cucito, tavolette di compensato già decorate o da trattare. Pialla, sega, martello, macchina per cucire: non fanno rumori ma suoni, che si accompagnano a un chiacchiericcio composto, una richiesta di aiuto, qualche scrosciante risata condivisa. Dice un saggio: «Noi siamo nati con le mani, perché i nostri gesti non siano muti», e un altro: «Nessuna vita è piccola, se non in apparenza». Bello! Al Cottinelli lo si impara; matite, pennelli, stoffe, fogli di carta o compensato, mobili attivano occhi e menti in un immaginario creativo; i lavori vengono pensati per consentire e soddisfare le diverse abilità e attitudini, mani operose strette sugli attrezzi, ottengono prodotti sorprendenti, belli da fare insieme, belli da vedere e utili nelle case. Qui tutti imparano gli uni dagli altri, ognuno riconosciuto per se stesso, in un incessante, cordiale scambio, nel quale si cimentano capacità e si approfondisce il senso del proprio essere al mondo. Chi possiede più risorse, ne riconosce il supplemento di grazia, potendosi mettere a disposizione di chi da solo non ce la fa, eppure sempre capace di ripagare largamente in affetto, abbracci, piccole confidenze, anche per un solo gesto, una parola affettuosa, l’apprezzamento del lavoro svolto. Il «Cottinelli», prima del Covid, era il «Poisa»; sede diversa, stesso stile, stessa atmosfera armoniosa, collaborativa, di vissuta umanità. Io posso dirlo, perché, ignara, ci sono entrata una volta per curiosità, e poi ho continuato a tornarci. Grazie, Cottinelli! E a tutti quelli che lo fanno vivere.

Mariacarla
Brescia

Cara Mariacarla, la bellezza è negli occhi di chi guarda, a volte lo è anche fuori, oggettivamente. È il caso del Cottinelli, dei ragazzi, ragazze, operatori e di molti altri laboratori creativi, ovunque vi sia il frutto della «sapienza delle mani», l’abilità innata dell’homo faber, che caratterizza la nostra specie dagli albori, dai primi istanti in cui abbiamo sfruttato e adattato il pollice opponibile. Uno stupore pareggiato dall’altra nostra caratteristica peculiare: le relazioni, il «supplemento di grazia» - come meravigliosamente lo chiama lei - di chi si mette spontaneamente a disposizione senza nulla chiedere in cambio, se non la relazione stessa, i piccoli gesti e le parole d’affetto, di confidenza, attenzione. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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