Viaggio a Torino la città dei nobili e degli operai
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Passeggio tra le vie della meravigliosa Torino, la mente rievoca immagini in bianco e nero di storie ascoltate alla radio, viste in televisione o lette tra le righe di qualche rivista. Non c’ero mai venuto in questa città, la consideravo «sbagliando» un po’ triste, malinconica e operaia: forse l’associavo alle numerose fabbriche nate e cresciute qui, invece mi sorprende e meraviglia: Torino, bella così, non me l’aspettavo di certo! Palazzi reali, castelli, decori, ampie piazze, fontane, statue, decine di musei, belle vetrine con annessi ristoranti, viali alberati con parchi e molto altro ancora. Ma qualcosa va e viene nella mia mente, seppure viaggio tra colori! Alcuni ricordi sbiaditi e malinconici riaffiorano, immagini di uomini con fazzoletto al collo, cinghia delle braghe fuori dai passanti, un cappello di panno e un gilet in tessuto sul dorso, mentre le donne hanno gonne lunghe e scure, in testa dei foulard neri e tutti quanti in fila tra le vie o ammassati sulle piazze della città, con una parola sulle labbra: sciopero. Sarò diventato comunista in un lampo? Io che sono sempre stato apolitico e contro tutti, destra, centro e sinistra compresa. Assolutamente no, meglio non credere a quelli. Osservo i palazzi maltenuti e quasi decadenti, immagino gli emigranti meridionali uscire di mattino presto per recarsi dagli strozzini faccendieri senza scrupoli assodati dai padroni, per cercare una giornata di lavoro, in cambio di un misero boccone di pane, quando nel mezzo dei miei sogni, un bell’uomo esce da un portone di un antico palazzo, è l’attore Mastroianni! Mi passa davanti agli occhi, lui però indossa la giacca: certo lui è «Il Professore» e ha studiato, ora mi ricordo tutto sempre in bianco e nero, quel bel film dal titolo «I Compagni»... la mente si illuminana! Torino è stata la patria dei primi scioperanti! Beata ignoranza, mi avrebbe detto il professore Senigallia, semmai l’avessi incontrato veramente! Provo tristezza e rabbia per quei poveri diavoli, ma in fondo al mio cuore c’è un poco di gioia, perché ricordarli così bellicosi e incazzati mi fa piacere, soprattutto quando decisero di fare partire in anticipo di un’ora la sirena per concludere in anticipo la giornata lavorativa e così contrastare i signori «padroni», coscienti dei guai che sarebbero arrivati per quel gesto. Erano grandi quei uomini, quelle donne e bambini uniti in piazza, non erano ancora stati divorati dalla miseria del capitalismo, ancora avevano qualche barlume di saggezza; questo dovrebbero insegnare nelle scuole: come e cosa hanno fatto i nostri avi a costruire la nazione, altro che l’ora di sessuologia ai bimbi! Ma questo non si dice e non si racconta, meglio non dire che ci sono altre possibilità nella vita, che si può cambiare rotta! Saluto i compagni di lavoro e mi ritrovo di nuovo ad un altro dilemma; insomma dilemma non direi, ma a quanto pare qualcuno lo considera così: la vecchia carrozza del treno messa davanti a palazzo Madama per ricordare i deportati è un baraccone?! Un dilemma? Bhe... non direi proprio! Nascondiamola che è meglio! Nascondiamo tutto alla gente, il fatto non sussiste, le «esse esse» cose da storici o storia è passata e Primo Levi chi era in fin dei conti? Forse uno scrittore o forse un imbianchino! Provate a chiederlo ad un comune ragazzo e non solo! Non disprezzo i giovani anzi, so bene che c’è un mondo di giovani molto più in «gamba» di noi cinquantenni, disprezzo solo gli adulti che non vogliono insegnare e preferiscono coltivarsi il loro «radioattivo» orticello di casa, piuttosto che rischiare di perderlo per migliorare il futuro. Alla fine faccio amicizia con dei ragazzi della città, li ascolto e li percepisco: hanno voglia di fare e cambiare, mi rincuorano, mi parlano di cibo biologico, di carta riciclata, di negozi solidali a zero sprechi e zero kilometri, senza marca sulle confezioni e senza plastica: che bello! Dico io. Assaggio, è molto buono e compro senza essere influenzato dal packaging: interessante! Ma poi capisco che dietro ciò ci sono già pronti gli avvoltoi, pronti con capitali per essere investiti con negozi in franchising, oltretutto già aperti in tutte le città d’Italia, pronti a creare il nuovo business, che di certo il ricavato finirà nelle banche di Panama. Ahimè in Italia, le cose non cambiano mai. Alessandro Piotti Ghedi
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