Un’ecografia poco umana in Poliambulanza

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Sono una operatrice sanitaria da quasi trent’anni impegnata nella riabilitazione psichiatrica. Qualche giorno fa, a seguito di una dolorosa colica mi è stata prescritta dal mio medico curante una ecografia di controllo dell’addome superiore. Ho prenotato così tale esame presso la Poliambulanza di Brescia, certa di trovare competenza, professionalità e riservatezza. Premetto di essere una persona con problemi di obesità ma di aver più volte eseguito, in altre strutture, la stessa indagine ecografica. Giunta cosi nell’ambulatorio del reparto Radiologia mi sono sentita da subito a disagio, per la modalità di accoglienza da parte del medico che mi ha accolta esordendo con un: «Inutile fare questo esame, tanto su di una persona come lei non si vede nulla». Detto questo, solo dopo aver fatto notare che avevo pagato un ticket di 70 euro, ha eseguito tale esame ecografico con durata all’incirca di non più di 60 secondi, e solamente per poter avvalorare la sua tesi ha espresso tale parere: «Avevo ragione io non si vede nulla causa la sua conformazione fisica». Avrei accettato sicuramente un consiglio se detto con umano rispetto, ma non accetto l’espressione di gratuita discriminazione che ho dovuto subire mio malgrado. Forse a quel medico qualcuno dovrebbe spiegare che anche l’obesità è una malattia e ad un malato non ci si rivolge certo in questi modi né tantomeno dicendo prima di uscire: «Le do un consiglio, si faccia una assicurazione sulla vita». Concludo quindi dicendo, che se la mission della Fondazione Poliambulanza, come riportato altresì sullo stesso sito, è: «La cura delle persone nel rispetto della loro dignità», credo sia arrivato il momento di fermarsi un attimino e rifletterci sopra poiché purtroppo mi è parso che non tutti gli operatori della struttura si attengano a questo credo. Da persona competente nel settore, rivolgo invece un immenso grazie di cuore a tutti coloro che svolgono questo difficile lavoro con scrupolosa e deontologica dedizione, ma dico anche che per qualcun altro questa macchina da guerra che costringe a produrre senza sosta, ha fatto purtroppo perdere di vista l’umanità e la sensibilità necessarie nel fare di questo mestiere «la mano tesa a cui prima o dopo tutti abbiamo bisogno di aggrapparci».

// Lettera firmata

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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