Un ragazzo, i bulli e saper mettersi nei panni dell’altro

Da sempre mi occupo delle persone fragili: quelle che hanno una vita complicata per disabilità o malattie che hanno dovuto affrontare, ma che al contempo sanno amare incondizionatamente tutti coloro che incontrano. Recentemente sono venuta a conoscenza di atti di bullismo basati sulla prevaricazione e discriminazione, isolamento e aggressività, senza che nessun compagno sia intervenuto, nei confronti di un ragazzo della scuola media di Rodengo Saiano e non voglio tacere perché l’omertà anche se meno scomoda non fa parte del mio «essere» e perché si smetta di dipingere di rosa ogni cosa. Per tanto tempo questo ragazzo ha tenuto dentro di sé tutto, immagino con quale angoscia e paura. Cosa fa la dirigenza scolastica dopo aver accertato i fatti? Una sospensione e alcune note di demerito. A cosa serviranno? Le punizioni sono inutili se non sono accompagnate da azioni che portino ad una riflessione e siano in grado di creare empatia verso qualsiasi fragilità tenendo conto che anche il bullo non sa di essere fragile e bisognoso di aiuto. Se esiste un dirigente preposto a prevenire atti di bullismo dove era? Esiste sulla problematica un coinvolgimento dei genitori che diventa un momento fondamentale di coesione e condivisione degli interessi tra scuola e famiglia sanno che il bullismo può avere una serie di effetti devastanti sia a livello emotivo che fisico, e può influenzare negativamente la vita, sanno che i ragazzi fanno loro gli insegnamenti dei genitori? E se fosse capitato al loro figlio? Mi sarei augurata per questi ragazzi una punizione che li potesse aiutare a capire la fortuna che loro hanno: possono camminare, parlare, interagire e usare il loro cervello per aiutare chi è più svantaggiato e allora mandiamoli in un ospedale insieme ai genitori per vedere la sofferenza di alcuni loro coetanei, mandiamoli con i genitori a far volontariato in un centro disabili, perché solo così potranno vivere la punizione non come un giorno di vacanza, ma come esperienza di crescita che li renderà (forse) degli adulti e dei genitori migliori.
Mariangela BertoliRodengo Saiano
Cara Mariangela, il suo è un grido di denuncia e insieme un abbraccio di protezione. Sulla vicenda in sé abbiamo poco da commentare, conoscendola soltanto per sentito dire e auspicando che quel ragazzo che ha tenuto dentro angoscia e paura possa aver trovato in lei, nei genitori, negli amici, nei compagni più sensibili, aiuto e comprensione. La frase che invece riteniamo dirimente e che sottolineiamo con l’evidenziatore è: «E se fosse capitato al loro figlio?». Il mettersi nei panni altrui, il provare empatia, crediamo infatti sia l’unico farmaco senza controindicazioni affinché si evitino prepotenze e prevaricazioni. Come fare però per suscitarla? Lei consiglia di costringere i bulli a frequentare chi si trova in reale difficoltà. Non sappiamo se possa esser utile, certamente non farà male. E passare da una logica meramente punitiva ad una di esperienza positiva è uno sforzo che vale sempre la pena attuare. (g. bar.)
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