Un Pronto Soccorso riservato a fragili e malati di demenza

AA
Prendo spunto da un articolo e da una lettera al direttore letti in questi giorni. Brescia città amica della demenza. Punto uno: anche le persone afflitte da demenza si ammalano di malattie fisiche oltre che neurologiche e non sanno esprimersi anche in fasi acute supportate da analisi cliniche. Punto due: il Pronto Soccorso non è il luogo dove sorridere. Il personale addetto in toto, se osservato, non passeggia bensì cammina a passo spedito, quando non corre. Lavora con alacrità, efficienza e competenza. L’unico reparto in cui si sorride apertamente e senza riserve è il Reparto Maternità che accoglie le nuove nascite. Il Pronto Soccorso di Ostetricia e Ginecologia può strappare più di un sorriso: anche le signore afflitte da urgenze ginecologiche, un dolore acuto, un’emorragia o altro, non possono fare a meno di sorridere di fronte ad altrettante signore che stanno per mettere al mondo un nuovo nato. Torniamo al luogo dei sorrisi mancati: un mio caro afflitto da demenza e bisognoso di cure mediche è stato accolto con molta empatia al triage. Otteniamo un ingresso in Codice Argento. Secondo la Sigg, Società Italiana di Gerontologia e Geriatria l’ingresso nell’età anziana si ha a 75 anni. L’Oms definisce i 65 anni come l’età di passaggio alla condizione di anziano mentre le Nazioni Unite la collocano intorno ai 60 anni considerando le aree geografiche svantaggiate per bassa aspettativa di vita. In queste righe riferisco di una persona più vicina ai 90 che ai 75. Il mega schermo che sta appeso su una delle pareti della sala di attesa viene acceso da un addetto di passaggio: vedo codici bianchi gialli azzurri e rossi. Nessun Codice Argento: chiedo spiegazioni appena possibile. Il Codice Argento è equiparato all’azzurro. In azzurro ci sono delle persone che sono in Pronto Soccorso dalle 8.30 del mattino, chi dalle 9.26 e sono le 20 passate da un pezzo. C’è chi se ne va dopo 12 ore. Noi resistiamo ancora un poco: la persona con demenza non sa dove si trova e perché. Lo accompagno in bagno e trovo del pus. Faccio presente. Risposta civilmente espressa: ci sono 13 persone davanti a voi, più i codici con maggiore urgenza, le ambulanze arrivate nel frattempo e un’emergenza in corso. Con tutto ciò cosa desidero esprimere? Il Pronto Soccorso non è il luogo dei sorrisi, bensì della solidarietà, persone anch’esse in attesa mi hanno aiutato con un non deambulante visibilmente in sofferenza. Che il Codice Argento è una bella definizione che non trova applicazione. Che il nostro Ospedale con le sue indiscutibili eccellenze oltre che avere un Pronto Soccorso di ostetricia e ginecologia, dovrebbe attuare un Pronto Soccorso per le persone affette da demenza e altre categorie similari per i 17.000 anziani (come da notizia pubblicata sul GdB) che attendono un posto in Rsa. Questo sì mi farebbe sorridere.
Lettera firmata

G

entile lettrice, nessuno ha mai preteso di affermare che il Pronto Soccorso fosse il «paradiso del sorriso». Credo, grazie anche all’attenzione che questo giornale vi ha prestato, sia ben chiara l’emergenza che il reparto vive in generale in quasi tutte le nostre strutture ospedaliere, per i numeri sia degli accessi che del personale medico e infermieristico operativo. È evidente che la situazione non si risolve con un sorriso, e che è invece richiesta una significativa e probabilmente radicale «sistemazione» del sistema sanitario nel suo insieme sempre che si voglia migliorare questo stato delle cose, in cui i colori dei codici rischiano di apparire come una foglia di fico, non alleviando né i tempi d’attesa per i pazienti né il carico di interventi per gli operatori sanitari. Detto questo sul piano della struttura, entra in gioco anche l’attitudine delle persone - al Pronto Soccorso come in tutti gli altri contesti - e un appello alla gentilezza (accompagnata se e quando possibile da un sorriso) non lo reputo mai fuori luogo, nonostante rischi di andar disperso nelle vaste praterie di aridità relazionale che attraversano questi nostri tempi. (g.c.)

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