Un piccolo furto e la scelta preziosa (e rara) del bene

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA
Ha nno rubato nell’unico bar tabacchi del piccolo paese ligure in cui mi trovavo. Erano le cinque di mattina e, siccome era estate, cominciava ad albeggiare. I ladri hanno forzato la porta con un cacciavite. Qualcuno li ha visti e, avvisati i carabinieri, li hanno rincorsi e li hanno presi. Avevano rubato ottanta euro, molte sigarette ed alcune bottiglie di liquori. Erano due ragazzi di vent’anni e una ragazza di diciassette. Tra le persone che li hanno presi c’era anche un uomo del paese che mi ha raccontato di aver provato quasi compassione per i tre ladri. Mi diceva: «Ho anche io un figlio della loro età. Si sono rovinati per niente. Ho chiesto ai carabinieri se si poteva soprassedere in qualche modo. Mi hanno risposto di no, perché c’era la fragranza di reato e perché sull’automobile dei tre ragazzi c’era merce proveniente da altri furti, oltre agli arnesi per lo scasso». Saranno processati. Sicuramente si porteranno dietro, per tutta la vita, questa triste avventura. L’uomo del paese ha aggiunto: «C’è chi ruba milioni e poi con i soldi o il potere paga tanti avvocati e fa comunque una bella vita. Questi poveri ragazzi invece...». Tutto vero. Se la punizione per chi sbaglia è doverosa, se la giustizia deve essere rispettata, non ci devono essere differenze, o privilegi, o scappatoie, di nessun tipo. Speriamo solo che la giustizia provveda anche al recupero autentico e dignitoso delle persone coinvolte .
Agostino Mantovani

C

aro Agostino,

la sua speranza è tanto nobile quanto vana.

Da che mondo è mondo, «il recupero autentico e dignitoso delle persone coinvolte» è auspicato nelle intenzioni e puntualmente negato dalla realtà dei fatti.

Così come che non debbano esistere «differenze o privilegi o scappatoie di nessun tipo»: privilegi e scappatoie e differenze esisteranno sempre, nostro malgrado.

A colpirci della sua lettera, dobbiamo ammetterlo, al di là dell’episodio che pare uscito da «I miserabili» di Victor Hugo (là tutto parte nel sud della Francia, qua in Liguria, non c’è neppure troppa distanza), è che qualcuno sia ancora capace di provare compassione e di interrogarsi sul futuro di quei «poveri ragazzi».

Al giorno d’oggi, infatti, il primo pensiero che crediamo venga in mente alla maggior parte dei lettori, noi per primi, è: «Strano, li hanno presi». Seguito da un: «Vabbé, non potranno far loro niente, torneranno a rubare subito».

Il che non sarebbe lontano dal vero, purtroppo.

C’è un «ma». Ed è il «ma» che ha insinuato come una spina nel fianco lei, caro Agostino. Cioè la possibilità che nonostante il pessimismo e il cinismo indotto dai tempi, esista ancora un modo per «restare umani», per non farsi esasperare dalle brutte notizie, per mantenere cuore.

Che non significa esser «buonisti», bensì riuscire ad evitare che dal male nasca altro male, non mettersi sullo stesso piano di chi sbaglia.

Un piccolo miracolo, insomma, per di più alla portata di tutti, perché ciascuno di noi può combattere il male, scegliendo il bene. L’unica decisione per cui, tra l’altro, non occorrono denari né sponde potenti né men che meno fior di avvocati. (g. bar.)

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