Ultima campanella per un prof. davvero speciale

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Ci siamo fidanzati nel 1987, lo stesso anno in cui avevi fatto e superato il concorso; nell’89 sei approdato al «Lunardi» dove sei tutt’ora. Ho avuto modo in questi anni di conoscere il tuo lavoro nelle sue sfaccettature, dalla preparazione e correzione delle verifiche, alla complessità della valutazione, dai tuoi racconti di spaccati di quotidianità in classe, all’accendersi del tuo sorriso ogni volta che abbiamo incontrato uno studente/ssa in corso o ex. Sicuramente il tuo mestiere non è fatto per chi aspiri a grandi guadagni, a scalate vertiginose o successi eclatanti: si tratta di qualcosa di molto complesso e articolato, difficile da racchiudere in una etichetta, come spesso troppo superficialmente si fa. Occorrono preparazione, equilibrio, flessibilità, sensibilità e tutte le risorse necessarie a rapportarsi con giovani in crescita, spesso fragili, con personalità e problematiche differenti, presi singolarmente, ma anche nelle dinamiche interpersonali. Negli ultimi tempi ti ho visto preoccupato per l’aumentare del disagio tra i ragazzi per una miriade di ragioni, non ultima la pandemia. Tra pochi giorni per te suonerà l’ultima campanella e colgo dai tuoi gesti e dalle tue parole quanto tutto questo ti mancherà. Di una cosa puoi star certo: di avere svolto bene il tuo lavoro. Lo vedo nei sorrisi che i tuoi studenti presenti e passati ti rivolgono incontrandoti e nelle manifestazioni di affetto che stai ricevendo in questi ultimi giorni di lavoro: gli stessi sorrisi e gli stessi sguardi che tu hai sempre avuto per loro e che raccontano un affetto reciproco che vi accompagnerà. Non c’è soddisfazione più grande.
Elisabetta Tedesco
Brescia

Cara Elisabetta,

la sua è una lettera d’amore - la più bella che si possa scrivere, per quanto ci riguarda - e ci emozioniamo mettendoci nei panni di suo marito. Gliene sarà grato.

Noi invece ci rivolgiamo proprio a lui, al professore che è stato e che rimarrà, perché quello dell’insegnante - e di mille altri - è più di un lavoro: è un mestiere, cioè un servizio che si prefigge non soltanto un guadagno personale, bensì lo svolgimento di un’attività utile, indispensabile per la comunità.

Quanto ce n’è bisogno di questo spirito, di questa idealità, in un tempo in cui la scuola affronta sfide ardue e complesse, oltre che completamente nuove. Una difficoltà resa ancor più irta dalla rapidità con cui avvengono al giorno d’oggi i cambiamenti e dal riferimento a valori differenti rispetto al passato.

Un percorso in cui le molte lettere inviate al Giornale da genitori, insegnanti e persino studenti, somigliano a briciole di pane, di quelle lasciate sul ciglio della strada per non far perdere la via a Pollicino.

Non è un caso se tendiamo a metterle in fila, sotto l’unico cappello di una dicitura: «cantiere scuola».

Oggi, di quel cantiere, pubblichiamo qui sotto anche la presa di posizione del Consiglio d’istituto su una vicenda diventata «accusa e difesa», ma altresì la lettera di sua moglie, che parlando di lei indica a tutti noi un esempio, una via. Soprattutto di fiducia, di speranza. Ne abbiamo proprio bisogno. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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