Tra fiumi di parole siamo tutti Jalisse

La vita come irragionevole sogno a occhi aperti Francesco Alberti
I Jalisse hanno vinto Sanremo nel 1997 - © www.giornaledibrescia.it
I Jalisse hanno vinto Sanremo nel 1997 - © www.giornaledibrescia.it
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Niente da fare, neppure quest’anno saranno in gara a Sanremo. Stavolta ci credevano davvero, e invece di nuovo bocciati. Venticinque brani, presentati in venticinque anni, venticinque grazie, sarà per la prossima volta. Ma quando sarà la prossima volta si sono chiesti amareggiati i Jalisse. Perché dopo il trionfo con Fiumi di parole nel 1997 non c’è stato più verso di salire sul palco dell’Ariston.

Eppure quel sontuoso motivo così sinceramente nazional popolare lo abbiamo fin da subito cantato tutti, sotto la doccia e non solo. Io quella canzone la adoro, la ascolto e mi ritrovo nel tinello della zia Mariuccia, coccolato dalle perline sui muri, dalla vetrinetta con le statuine in finta porcellana, seduto su un divano damascato a fiori troppo grandi a sorseggiare té con il mignolo alzato perchéaltrimenti appari inelegante rispetto al centrino che fa splendida cornice al centrotavola in silver plated. Perché in fondo siamo tutti Jalisse in qualche angolo della nostra vita. Il problema è che loro a quell’angolo non si rassegnano.

Lo scorso anno mandarono il loro cd a Sergio Mattarella, una mano pietosa del Quirinale rispose che il presidente della Repubblica aveva apprezzato. Loro si sono montati la testa. Un po’ come da ragazzi quando la più carina della classe ti sorrideva come avrebbe fatto con il cassiere del supermercato che le dava il resto, ma tu fantasticavi sognante. E neppure vederla fuori da scuola mentre si baciava con il suo ragazzo ti faceva desistere, perché, come gorgheggiavano i poetici Jalisse, ti darò il mio cuore, ti darò il mio cuore se vuoi. Ma lei non lo voleva.

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