Testi scolastici Le ragioni del pro e un patto tra noi

Lettere al direttore
AA
Leggo la lettera pubblicata sul quotidiano il 25 luglio «Libri scolastici troppi e mai usati Spreco assurdo» non posso esimermi da intervenire. Sono un libraio e rappresento a livello provinciale e nazionale la categoria e credo che occorra soffermarsi su alcuni luoghi comuni che spesso danno immagini distorte della realtà. Iniziamo dal costo esorbitante citato. I libri scolastici sono lo strumento su cui una famiglia investe per il futuro dei propri figli. Il prezzo è imposto per legge, la spesa complessiva per ogni classe di frequentazione controllata da tetti imposti per legge (tra l’altro fermi senza nessun adeguamento inflattivo, come invece aveva previsto la legge, da molti anni). La spesa esorbitante vale meno di un caffè al giorno. Il costo complessivo non è superiore ad alcun bene digitale di grande utilizzo fra i giovani, eppure stiamo parlando del loro futuro, e non credo che ci siano genitori non disposti ad investire. Certo si può migliorare, basterebbe approvare una proposta che da anni persegue l’Ali, condivisa da altre associazioni, di rendere le spese per i libri detraibili in modo che le famiglie possano addirittura comprare più libri per i figli e non solo risparmiare.
Se vogliamo poi entrare anche nelle affermazioni relative al sistema scolastico dove si riscontra lo scarso uso dei libri adottati, direi che l’equivoco è chiaro. Non possiamo pretendere che tutto funzioni benissimo (anche se qualche esperienza negativa non può rappresentare tutto il mondo scuola dove i libri si usano) ma se anche succedesse il ruolo della famiglia diventa centrale. Se un figlio ha un libro e non lo usa perché non gli si insegna a farlo a casa? Deve essere obbligatoriamente un professore a svolgere questa funziona? Purtroppo l’indice di lettura in Italia è uno dei più bassi d’Europa e il primo contatto proprio con la lettura, che purtroppo spesso rimane anche l’unico, sono proprio i libri di testo. Chi deve educare i figli a leggere? O a prepararsi per il proprio futuro anche quando si incappa in un professore poco solerte? (ma siamo poi così sicuri che ce ne siano così tanti?).
Infine,
la sua risposta chiude con: «L’attuale sistema continua a produrre tre danni: produrre ciò che non serve, sprecare risorse preziose, educare male i nostri ragazzi».
Non posso che dissentire su ogni punto. Produrre ciò che non serve? I libri non servirebbero? O crediamo che i tablet siano la miglior produzione? Bene la neuropsichiatria infantile ha dimostrato come i bambini che utilizzino i tablet sviluppino molto meno le sinapsi del cervello rispetto a chi usa i libri. Pensiamo che la tecnologia sia un risparmio? Ma avete idea del prezzo di un tablet e dei contenuti interattivi (questi assolutamente non passabili alle generazioni successive, perché sono personali e scaricabili a pagamento, mica gratis, mentre qualche libro di scuola si può ancora passare di figlio in figlio) o quale sia il Desi (indice sull’economia e sulla società digitale) dell’Italia? Siamo in Lombardia e abbiamo una percezione molto diversa della realtà digitale de
l nostro Paese.
Per finire il tema più importante. L’educazione parte dalla famiglia, la scuola pensa alla formazione. Questo è il vero problema. Tutte le storture delle nuove generazioni si basano su questo. Troppi genitori non dedicano tempo all’educazione e delegano la scuola che in realtà ha ben altri compiti. I figli si educano a casa e a scuola si formano. Se non riusciamo a capire questo non serviranno né libri né tablet.
Diego Liserani
Caro Diego,
le difese accorate ci piacciono sempre, anche se sono «d’ufficio». Chiediamo scusa se abbiamo toccato qualche nervo scoperto, prestandoci ad esser fraintesi, così come comprendiamo benissimo le ragioni che pone. Il colmo è che proprio noi, che abbiamo per i libri stampati un culto, passiamo per dei Savonarola, pronti a farne grandi pile e un rogo.
Cerchiamo di spiegarci meglio.
Cominciamo dai costi. Proprio perché non si tratta di una «spesa esorbitante», manteniamola, ma almeno per libri che non durino lo spazio d’un mattino o, nel miglior dei casi, da settembre a giugno. Facciamo acquistare i classici della letteratura o dei saggi, mentre per gli altri testi - quelli scolastici come si intendono ora - lesiniamo al lumicino, usando la parsimonia che avevano un tempo i mezzadri per il cibo.
Riguardo la frase conclusiva: lo spreco non si riferiva ai libri, bensì alla carta. Parimenti, non è sufficiente acquistare testi scolastici per «educare bene» i ragazzi.
Bando però alle divisioni tra noi, badiamo piuttosto a ciò che ci unisce: la cura per l’educazione, innanzi tutto alla lettura. Citiamo allora Antoine de Saint-Exupéry: «Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare gente a raccogliere legna e a preparare attrezzi; non distribuire compiti, non organizzare lavoro. Invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato».
Ecco, se vogliamo appassionare i ragazzi e le ragazze alla lettura, l’unico modo è dare il buon esempio (leggendo per primi noi) e risvegliando in loro il piacere del sapere e del porsi continue domande, ragionando su tutti, su tutto. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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