Test di medicina. Quello sconforto con cui fare i conti

Sono nonna di un ragazzo che il 20 novembre scorso ha sostenuto l’esame finale del semestre filtro, in realtà iniziato il primo settembre e terminato giusto con l’esame, e sono laureata in Biologia. Scrivo anche sollecitata dalla lettera pubblicata dal giornale in data 5 dicembre. Fin dal primo momento di questa avventura, pur apprezzando gli sforzi della nostra università per fornire adeguata preparazione agli iscritti in questione, mi sono chiesta come fosse possibile raggiungere un successo in tre esami basilari del percorso di studi. Ricordo che per ogni esame ai tempi ho sudato sangue e tempo e fatica. Così ha fatto mio nipote con il suo impegno di sempre e accarezzando i suoi sogni, ha sudato sangue, tempo e fatica, ma si è trovato davanti un traguardo raggiungibile forse solo giusto nei sogni. Ora dati alla mano si verifica, e le scienze sono materia esatta, che in totale si è perseguita una percentuale scarsissima di idonei, con medie spesso basse, e forse non solo raggiunta per merito come diversi commenti letti anche sul giornale dimostrano. Ora anche il secondo appello sembra un sogno irraggiungibile e così non si vuole affrontare, oltre alla delusione può seguire anche lo sconforto. Dalla mia generazione a quella attuale sono cambiate molte cose, ma non la corposità delle materie scientifiche. Per questo dall’alto dei miei troppi anni, mi permetto di pensare che il semestre sia stato un «concorrenti allo sbaraglio». Auguro a tutti i ragazzi non idonei un futuro luminoso.
Anna Rita ManciniBrescia
Cara Anna Rita, le sue parole - così misurate, puntuali, serie e nel contempo lievi, delicate, sagge - sono un balsamo. L’impressione che l’introduzione del semestre iniziale sia stato un «concorrenti allo sbaraglio» è infatti anche nostra. Ma come lei pure noi, allo stracciarci le vesti e gridare allo scandalo, preferiamo tener puntato lo sguardo su quei giovani che ci credevano e non sono riusciti a superare l’ostacolo. Pensiamo a suo nipote e ai tanti altri ragazzi che «accarezzando i loro sogni» hanno «sudato sangue e tempo e fatica» e proprio in queste ore stanno sostenendo l’ultima prova o, peggio, hanno preferito neppure tentarla. Immaginiamo la delusione, lo sconforto, la rabbia persino. A quelli che appartengono alla nostra generazione, tuttavia, spetta dir loro che non ci hanno deluso, che la vita è piena per tutti di traguardi falliti e che la differenza la fa aver la forza di non abbattersi, di rialzarsi, di rimanere in moto. E se quella strada sarà sbarrata senza appello, trovarne un’altra potrà costituire una sorpresa positiva. Il futuro «luminoso» che entrambi auguriamo loro non è fatto di luce riflessa, bensì del talento che ciascuno ha e che necessita soltanto della giusta scintilla. (g. bar.)
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