Test di medicina. Controlli blandi, troppi furbetti

Sono la madre di una ragazza che il 20 novembre ha sostenuto il «test» del semestre filtro presso l’Università di Medicina a Brescia. Tralasciando lo stress emotivo di tutta la famiglia, comune a quelle di altri ragazzi che ambiscono a diventare medici per vocazione più che per il prestigio del camice bianco, non voglio che quanto avvenuto in sede d’esame passi silenziosamente inosservato. E non in una provincia italiana del Sud - come ingiustamente si è soliti pensare -, ma proprio nella nostra città. Nell’esperire la prova sono emerse irregolarità nei controlli blandi ed inefficaci e negli interventi da parte dei controllori, volti solo al ritiro dei dispositivi beccati e non all’annullamento della prova. Il tutto testimoniato dalle varie fotografie pubblicate subito dopo a mezzo social, con i commenti orgogliosi di chi era riuscito facilmente a copiare. Ed ora, il Ministero, davanti all’evidenza dei fatti, proclama che troverà i «furbetti». Ma come, se non sono stati sospesi in flagrante? Così, con amarezza, devo constatare che chi in quel momento lottava con l’ansia e i vuoti di memoria non poteva nemmeno sentirsi tutelato da coloro che avrebbero dovuto essere i garanti di un diritto all’istruzione sancito dalla nostra Costituzione. E che quel test, promosso con la veste inappropriata di un esame universitario, si riduceva ad un’assurda cernita, ad armi impari, con arbitri tutt’altro che imparziali, che avrebbero dovuto applicare le regole con coerenza e severità per essere tutori di tutti i candidati e non solo per punire i «furbetti». Tutto questo fa male. Fa male, perché come cittadina ho il desiderio di essere curata da futuri medici scrupolosi e dediti alla professione. Fa male, perché percepisco che un giovane si disillude e inizia a convincersi che la meritocrazia sia un’utopia. E per questo non voglio stare zitta. Fare silenzio sarebbe come dover accettare che la prassi sia eludere le regole ed abortire il senso civico, l’onestà, il rispetto degli altri. Non voglio credere che tutto sia così. Questi valori vanno nuovamente innalzati, gridati a gran voce. Perché sono i valori con cui sono cresciuta, che i nostri genitori ci hanno insegnato e che io e mio marito stiamo insegnando a nostra figlia che - spero - voglia ancora crederci e trasmetterli a sua volta.
Alessia DaléCara Alessia, ciò che denuncia è grave: al di là delle frasi formali, il Ministero e le autorità competenti devono rispondere nei fatti, anche a fronte delle migliaia di ricorsi formali presentati in tutta Italia. Ci lasci altresì dire che il suo «non stare zitta» e metterci la faccia fa onore a lei e incoraggia tutte le moltissime persone che in quei valori sono cresciuti e si riconoscono. Quanto a sua figlia, l’augurio è che sia inclusa in quel 10 o 15% di promossi al primo tentativo. Ma se così non fosse, siamo certi sarà l’occasione per dimostrare - prendendo a modello i suoi genitori - due qualità spesso trascurate, eppure essenziali in tutti i mestieri, così come nella vita: tenacia e perseveranza. Un abbraccio. (g. bar.)
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