Teorie gender: non confondiamo le idee ai ragazzini

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Le chiedo cortesemente questo spazio perché vorrei approfondire un passaggio della lettera pubblicata il 21 agosto dal titolo «Lettera a mia figlia perché non accetti l’ideologia di gender» e più precisamente per quanto riguarda: «Essere donna, come essere uomo, è sempre un dono e, in quanto tale, non è proprio da mettere in discussione. Se qualcuno lo vorrà fare con te, mettendoti confusione e insinuando che tu sei nata "neutra" e che puoi decidere anche di cambiare sesso, in questo caso ti autorizzo ad urlare ad alta voce, con tutta la forza che hai, che tu sei femmina, felice di poter essere in futuro la culla di una nuova vita. Respingi con determinazione ogni tentativo che faranno le cosiddette educatrici o maestre nel farti pensare che c’è qualcosa di sbagliato in te». Come ormai tutti sappiamo con voto di fiducia il parlamento ha approvato la riforma della scuola più semplicemente definita la «buona scuola» (quella delle 100 mila assunzioni) in cui sotto la bandiera ipocrita della prevenzione alla discriminazione, il governo ha fatto passare una norma che legittima la diffusione e la propaganda nelle scuole della teoria del gender, ovvero istituisce quel principio d’insegnamento sessuale nelle scuole. Cosa è l’idea «gender». È una tendenza di pensiero (Psicologia? Antropologia? Sociologia?) che differenzia il sesso dal genere. Detto in modo molto semplice, afferma che se ogni persona ha un sesso biologicamente definito, non sempre corrisponde al genere (maschile o femminile) cui la medesima persona «sente» di appartenere. Credo che questo punto di vista possa essere meritevole di approfondimento anche perché, piaccia o non piaccia, è la realtà in cui ci troviamo: ci sono maschi e femmine che si sentono profondamente maschi e femmine, altri invece che si sentono vicini per empatia, sensibilità, affinità elettiva all’altro sesso, o che amano persone del proprio stesso sesso. O ancora che non si sentono né l’una né l’altra cosa e hanno difficoltà a definirsi. Credo che nessuno possa negare che questa è la realtà, né tantomeno che nessuno possa arrogarsi il diritto di sancire che questa realtà è «bene» o è «male». «È», e basta! E ogni sua sfaccettatura ha esattamente la stessa dignità delle altre! Una cosa però è inquadrare un dato di fatto, un’altra cosa è trasformare questa «disciplina» in un insegnamento scolastico, magari a livello di bambini delle elementari: io quantomeno non ne vedo il motivo per cui mi sento indignato oltre che preoccupato. Ragiono, e mi dico che «insegnare» la cultura gender (di genere) a dei bambini di 7–10–12 anni mi sembra una cosa assolutamente poco sensata. Anche perché ben altri sono i buchi culturali e ben altri i dibattiti attorno a cui la nostra società dovrebbe interrogarsi. C’è sicuramente modo e modo di insegnare, ma temo che si possa tradurre in uno stimolo a non dare per scontata la propria identità. Come è possibile non capire che instillare simili dubbi può portare il ragazzo o la ragazza a una distorsione del loro approccio con la propria psicologia, e non il contrario? Se un ragazzo ha determinati «dubbi» sulla propria identità di genere, ebbene essi sono più che leciti ma devono venire fuori spontaneamente. Non possono essere «pungolati», altrimenti si rischia di fare una grossa confusione e... grossi danni. Purtroppo il governo (anche se alcuni esponenti hanno avuto sfrontatezza di negarlo) ha fatto passare con il «Buona scuola» la norma che legittima la diffusione nelle scuole della teoria del gender. Accortosi del trambusto che si stava scatenando ha poi cercato di mettere una «pezza» con una circolare ad hoc del ministro dell’Istruzione Giannini sul «consenso informato» dei genitori che secondo loro eviterebbe l’educazione gender nelle scuole. Non hanno tenuto conto però (i nostri governanti che ci credono tutti fessi) che anche noi sappiamo leggere e interpretare lo scritto per cui non ci è sfuggito che il «consenso informato» riguarda solo le attività extracurriculari, quelle ordinarie possono sempre recepire quanto previsto dal comma 16 del maxiemendamento, per cui l’insegnamento dell’ideologia gender rientra, a tutti gli effetti, nel piano di diritto allo studio. Per intenderci, le attività extracurricolari sono tutte quelle attività ludico-espressivo-motorie che si svolgono all’interno della scuola durante il periodo semiconvittuale, oltre le normali ore di insegnamento. E noi ci dobbiamo fidare di questa gente che appena può ci racconta frottole? O, peggio ancora, che pensa di indottrinarci tutti quanti? Le parole sono importanti. Hanno un peso. Il «genere» non esiste: si è maschi o si è femmine! Ai ragazzini non bisogna confondere le idee! // Franco Savoldi Flero

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