Studio il latino per capire la nostra civiltà

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Vorrei riallacciarmi a quanto scritto nell'Editoriale under 30 apparso qualche settimana fa, in merito all'insegnamento del Latino e alla sua utilità.

Premetto che pure io sono uno studente di Lettere, ormai avviato al conseguimento della laurea magistrale.
 
Spesso, quando racconto che il prossimo luglio discuterò una tesi in didattica del latino, la gente sbigottita e con un'espressione piena di pietà impressa nel volto mi domanda «ma è tutta scritta in latino?»,oppure «ma la dovrai discutere in latino?».
Voglio rassicurare tutti: mi ritengo una persona normale, non ho mai parlato né scritto nulla in latino e non intendo farlo nemmeno in futuro. Oltretutto non ne sarei capace.
Purtroppo in base all'opinione comune lo studio del latino è paragonabile a quello di un'altra lingua straniera, con il piccolo particolare che, a differenza dell'inglese o del francese, la lingua di Roma antica è morta.
 
Se visto in un'ottica simile capisco perfettamente per quale motivo l'apprendimento delle lingue classiche sia comunemente considerato come un'attività inutile, mentre chi le studia è preso per un pazzo che, in un mondo tecnologico e informatizzato, studia una lingua ormai in disuso.
In realtà il latino non è un pezzo d'antiquariato difeso da qualche nostalgico, non è un fenomeno folcloristico da recuperare per salvaguardare la tradizione; come di certo non può essere visto solo come una lingua antica e gloriosa capace di nobilitare e solennizzare tutto ciò in cui la si utilizzi (magari la messa di Pasqua o l'elezione del Papa).
 
Il latino, piuttosto, è lo strumento scientifico unico e indispensabile per conoscere e studiare il mondo classico, per accostarsi alle molteplici sfumature della civiltà latina, che sta alla base di quello che noi siamo oggi.
Uno studioso di letteratura, un linguista, uno storico come pure un archeologo o un giurista non può non conoscere la lingua in cui si trovano scritte tutte le fonti e le testimonianze del mondo classico, dai manoscritti alle epigrafi.
Certo, a chi non è interessato agli studi umanistici apparentemente il latino non serve a nulla. Del resto, a onor del vero, se ragioniamo in questo modo, nemmeno al sottoscritto è servita a qualcosa la geometria analitica studiata al liceo o la tavola degli elementi imparata a memoria. Tuttavia io non mi sognerei mai di dire che lo studio della matematica o della chimica debba essere abolito dal liceo, solo perché non mi è stato particolarmente vantaggioso da un punto di vista professionale.
 
La conoscenza degli autori latini, da Cicerone a Seneca, dal mio punto di vista, è un valore aggiunto, fondamentale per l'offerta formativa liceale e per la cultura personale dello studente. Certo, si può vivere anche senza conoscerli… ma allora dovremmo abolire pure lo studio della filosofia, dell'arte, della biologia, della letteratura italiana e straniera.
Certo, gli insegnanti dovrebbero sottolineare con maggior insistenza che lo studio della grammatica latina non è finalizzato a parlare o a scrivere, come accade per l'inglese, ma è indispensabile per tradurre i testi e conoscere gli autori. Magari per essere più credibili potrebbero eliminare quelle lunghe lezioni sul fatto che l'ablativo assoluto si trovi solo con determinati verbi (assolutamente inutile a sapersi, visto che non dobbiamo scrivere in latino), o quei lunghissimi elenchi di sostantivi o verbi da imparare a memoria (tanto esiste il dizionario e chi poi vorrà approfondire lo studio della lingua arricchirà il lessico all'università o per conto suo).
 
Il fine unico dell'apprendimento della grammatica latina è la conoscenza della letteratura, della storia e della civiltà dell'antica Roma e del suo millenario impero, che può avvenire solo mediante la traduzione delle fonti.
Rimane l'amarezza di constatare come, mentre in tutto il mondo si potenziano sempre di più lo studio e la conoscenza del latino e del mondo classico, in Italia, culla di questa civiltà, gli studi umanistici vengano invece pesantemente denigrati.
 
Roberto Freddi
Mura

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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