Solitudine davanti alla sofferenza di una persona cara
AA
Buongiorno, mi chiamo Vezzoli Andrea ed abito a Coccaglio. Da un anno e mezzo ormai ho il padre invalido al 100% causa una grave malattia polmonare, da novembre del 2012, grazie ai benefici della Legge 104 riesco (grazie anche a qualche «salto mortale») ad accompagnarlo durante le sue terapie e numerosi esami; peccato che da un paio di mesi a questa parte, causa anche la gravità del suo male ed i susseguenti aggravamenti, ora sia bloccato a letto e soprattutto è quasi totalmente dipendente da chi gli sta vicino. Essendo un uomo di corporatura abbastanza robusta (mia madre è abbastanza esile e fa fatica a rigirarlo o sollevarlo al Suo bisogno) ed avendolo sempre assistito io (unico figlio), mi sono recato presso un sindacato (Cgil Rovato), che gentilmente e soprattutto in forma molto celere, mi inoltrava all’Inps la domanda di «congedo parentale per gravi motivi».
Due settimane dopo la mia richiesta mi recapitano a casa una lettera in cui chiedono di verificare lo stato di salute di mia madre. (???) Compatibilmente con i miei doveri verso un padre infermo mi reco in mattinata presso lo sportello Inps di riferimento e mi viene riferito che non ho i requisiti per assistere Mio Padre, quindi o prendo aspettativa non pagata o torno a lavorare, l’unica beneficiaria per legge è la moglie; cerco di far capire all’addetta di sportello le mie problematiche ma vengo zittito dicendomi che loro applicano solo la Legge e quindi se ne lavano le mani dei casi «border-line». Premetto che sono figlio convivente, mia madre è una lavoratrice saltuaria con contratti a termine, rischierebbe di essere retribuita per un mese e poi non venire più assunta a tempo determinato anche per la sua età (60 anni), la richiesta da me fatta non era per tutti i due anni di legge ma solo per sei mesi (tempo dato a Mio Padre dopo le ultime visite agli Spedali Civili), non possiamo neanche prendere in considerazione il fatto di metterlo in una struttura di lunga degenza perché il mutuo della casa e le varie spese sono già molte ed il Comune non aiuta chi è proprietario di un immobile e fa l’operaio, pretende solo tasse. Papà è infermo ma lucido mentalmente e non voglio perdermi gli ultimi attimi con lui, anche se costretto a letto. Potrei fare ricorso ma si parlerebbe di avere una sentenza tra un anno, tempo che non abbiamo.
Andrea Vezzoli
Coccaglio
Davanti alla sofferenza di una persona amata, si è quasi sempre disarmati. Non ci si capacita, non si riesce a sopportare che il dolore possa diventare protagonista della vita di chi ci è caro. E, dunque, della nostra vita.
A questa situazione di estremo disagio, si aggiungono anche le difficoltà dei gesti quotidiani, della burocrazia, delle leggi che sembrano esistere solo per complicare la vita. Si aggiunge l’amarezza di non essere ascoltati. O, peggio, quella di sentirsi scavalcati.
Chi lavora all’Inps non interpreta le leggi. Le applica. O, meglio, le deve applicare tenendo conto di una serie di indicazioni e di parametri entro i quali far rientrare i casi specifici.
Il caso del nostro gentile lettore - che, con amarezza, si sente abbandonato proprio da uno Stato che lo dovrebbe tutelare nei momenti di fragilità - potrebbe rientrare in una delle accezioni in cui viene concesso il «congedo straordinario» e che fa riferimento al figlio convivente.
Comprendiamo l’amaro sfogo del signor Vezzoli, ma lo invitiamo a non arrendersi. Lo faccia per suo padre e per la sua sofferenza. (a.d.m.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato