Soli nel bisogno: l’anziana mamma «costretta» a Borno

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Le scrivo per raccontarle una storia tristissima, dolorosa e attuale che forse tanti come me ne sono i protagonisti. Mia mamma ha 98 anni, ha sempre abitato in centro storico. Non essendo più in grado di fare tre piani di scale ho cercato una casa più piccola sempre in centro, adatta alle sue esigenze dove è vissuta fino a 2 anni fa. Quando non è stato più possibile assisterla al domicilio, con il supporto dell’assistente sociale del Comune, mamma è stata inserita nella Casa famiglia di Borgosatollo dove ha preso la residenza. Nel frattempo ho fatto domanda per le Rsa della zona di residenza Brescia Est e guardato con un po’ di tranquillità al futuro. Ogni giorno noi familiari andavamo a trovarla, si faceva una passeggiata, lei raccontava di sé, di noi, di cose passate magari sempre le stesse ma era serena. Spesso andavano altri nipoti e amici. A febbraio la mamma cade, si frattura un ginocchio, e tutte le sue piccole autonomie vengono meno. Non è più idonea a stare nella casa famiglia, però già da due anni ha la domanda per una Rsa quindi sono fiducioso. Mi rispondono invece che in quelle strutture non entrerà mai perché fa fede la residenza di prima e quindi Brescia, peccato che nessuno me lo abbia detto e io da non addetto ai lavori non lo sapevo. Ho trascorso un mese da incubo, a girare in tutte le strutture della città e della provincia. Ritirato moduli, ognuno diverso, da far compilare al medico, poi da restituire con appuntamento, ma la risposta è sempre negativa: ci vorrà più o meno un anno di attesa. Nel frattempo ogni giorno mi recavo dalla mamma per somministrare il pranzo, per la fisioterapia e per farle compagnia. Ora la storia finisce: la mamma da maggio è in Rsa a Borno, l’unica trovata dal Comune e con la quale insieme a Lozio e Berzo ha una convenzione (1.700 euro al mese). Avrei trovato certamente in zona se avessi avuto disponibili 2.300-2.500 euro mensili, invece dalla mia pensione di 1.000 euro tolgo ogni mese 130 euro, altrettanto fa mio fratello che vive in Toscana più o meno con lo stesso reddito, per integrare la retta. Abbiamo presentato documentazione ma dal Comune nessuno ci ha mai risposto in merito, né dopo aver inviato mail e telefonato. Ogni due o tre giorni faccio 170 km, sto un po’ con la mamma, esco un po’ con lei ma torno angosciato, stanco e preoccupato che non sta bene ed è così lontana. Nessun conoscente o amico di famiglia va «fin là» a trovarla. Ma tutto questo ha un senso? È giusto? Si riempiono le pagine del giornale per scrivere di fragilità, di sinergie, di programmi attuati e poi la realtà è questa: soli sempre di più, poveri sempre di più, noi e i nostri anziani con le loro famiglie.

// D. B. Gentile lettore, c’è poco da commentare di fronte alle vicende che lei espone: i fatti parlano da soli e le sue conclusioni sono suffragate dai quotidiani incroci che quasi tutti noi abbiamo con famiglie e familiari «soli» nella cura e nell’accompagnamento di persone anziane. Recenti fatti di cronaca anche nei nostri paesi hanno evidenziato il livello d’allarme di questa solitudine che troppo spesso si vive sui due fronti: quello degli anziani e quello dei loro familiari. Per carità, non è giusto neppure dire che sia sempre e solo così. Abbiamo ancora famiglie che si trovano nelle condizioni di poter garantire - vuoi economicamente vuoi per coesione loro - un’adeguata attenzione e assistenza. C’è anche un sistema di strutture pubbliche, almeno nel Bresciano, che organizza una certa copertura sociale ai bisogni degli anziani. C’è una presenza di volontariato molto attiva e capillare sul territorio che ne offre un’altra parte. Ma come in tutte le reti, anche in questa tra famiglie, servizio pubblico e volontariato vi sono inevitabilmente falle. Per questo diamo spazio a lettere come la sua: perché ciascuna parte, per quel che la riguarda, prenda atto delle carenze e degli intoppi riscontrati, e rifletta sui possibili rimedi per i singoli casi (ad ogni persona in situazione di debolezza come lo è un anziano deve essere garantita l’assistenza necessaria), ma anche più in generale per una società che come ormai sappiamo invecchia inesorabilmente e che vorrebbe farlo, possibilmente, bene. (g.c.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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