Siamo un popolo ormai assuefatto all’indifferenza
Le scrivo in merito ad una questione che ultimamente mi fa molto riflettere sulla mentalità acquisita in anni di «assuefazione», da questo popolo cui appartengo da quasi 60 anni: l’indifferenza. Indifferenza nelle sue modalità più nascoste e più sfacciate, verso qualsiasi fatto che non tocchi il proprio «orticello», come se non facessimo parte di una grande interdipendenza, indifferenza soprattutto da parte di quella parte di società che più dovrebbe preoccuparsi del futuro, del proprio e di quello generale. Che importa se non ci sono più api ad impollinare i fiori, se il vicino di casa è senza lavoro, se nella scuola del paese un’intera classe di adolescenti viene «cancellata», se non ci sono più madri ad asciugare il pianto dei bimbi laggiù, in Siria, così lontano... questo solo per fare l’esempio estremo dell’indifferenza. Mi fa riflettere il video del ragazzo che viene ammazzato di botte sul marciapiede, mentre la gente sta a guardare... ma tutti quelli avranno poi, nel silenzio della loro coscienza, un piccolo rimorso? Una vocina che suggerisce che magari qualcosa si poteva fare, qualcosa... il famoso senno di poi! Come siamo bravi a giustificare tutto con il senno di poi, un velo che copre ed assolve tutto... anzi più che velo, una vera pesante coperta! La questione invece che ultimamente ho potuto toccare con mano è quella della scuola media del mio paese, dove di punto in bianco viene «eliminata» una classe seconda. Non voglio soffermarmi e fare polemica sui perché e sui per come, voglio solo sottolineare ancora una volta il tema di questa mia, l’indifferenza. Non vedo attorno a questo fatto che un minuscolo gruppetto di genitori, veramente pochi, preoccupati del fatto che i loro figli potrebbero essere «spalmati» sulle restanti 4 classi seconde. La stragrande maggioranza pensa che il problema non sia il loro, solo perché in una nota informativa poi corretta, si faceva cenno ad una precisa classe. Io penso che quand’anche sia effettivamente così, ci debba essere comunque una coesione stretta, un incatenamento di esseri umani che cercano di rendere migliore il presente assai precario dei loro figli, poiché il problema tocca tutti quanti, i loro figli, quelli degli altri, e riflettere ogni tanto, sulla ricaduta che fatti come questo porteranno negli anni a venire. Qui tutto tace, addetti e non addetti. Ogni tanto fare la voce grossa è necessario.
// Susanna ZoccoliniBedizzole
Gentile lettrice, sono d’accordo con lei: ogni giorno abbiamo a che fare con una crescente assuefazione-indifferenza anche di fronte a situazioni che il semplice buon senso vorrebbe gridassero vendetta al cospetto di Dio. Giusto e urgente interrogarci tutti sul perché di questo atteggiamento che merita senz’altro un’analisi ben più articolata di una risposta in questa rubrica. Mi vien però da rilevare che abbiamo a volte a che fare anche con un atteggiamento opposto, quello dell’indignazione a prescindere, che alla fine - come nella famosa favola di «al lupo, al lupo…» - può avere una qualche «colpa» nell’alimentare l’assuefazione. Mi sento di aggiungere allora solo un’unica considerazione: ritengo già positivo il fatto che chi «vede» questi tipi di atteggiamento in azione, non si rassegni a subirli senza denunciarli o replicare. (g.c.)
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