Se una signora cade all'uscita della Messa...
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Senza scomodare opinionisti, senza arrivare alle periferie di Milano o di Roma voglio segnalare il seguente fatto, che le chiedo, se possibile, di pubblicare.
A Pompiano, domenica 4 gennaio, una signora, all’uscita della Messa vespertina è caduta sul sagrato della chiesa e nessuno di chi usciva con lei l’ha degnata di uno sguardo e, men che meno, di un aiuto per rialzarsi.
Clima natalizio! All’uscita della Messa!
La signora, ora, ha un piede immobilizzato da un tutore, ma il fatto ha creato in familiari, amici e conoscenti sorpresa ed amarezza.
Lettera firmata
La lettera che pubblichiamo - chi l’ha inviata chiede di non rivelare il nome solo per evitare che diventi un fatto personale, ma garantisce l’autenticità dell’accaduto - spinge a più d’una riflessione.
La prima è consolatoria. Qualche caso di indifferenza accade, ma è più facile trovare che di fronte alla caduta di una signora, ci sia un accorso di soccorritori. Credo sia capitato a tutti di assistere ad un incidente e di constatare come la solidarietà scatti quasi spontanea. Non sempre, però, e quindi vale la pena di sottolineare quando prevale l’indifferenza, in modo che la nostra comune coscienza civica venga tenuta all’erta.
La seconda riflessione riguarda il luogo e il momento. Siamo a Natale, siamo all’uscita di una Messa e tutti i bravi fedeli che hanno appena meditato sul gesto più generoso che la storia ricordi - un Dio che scende sulla Terra per salvarci - non concedono neppure un piccolo gesto di attenzione a una povera donna che prende una storta. Viene spontaneo chiedersi quante volte si predica bene e si razzola male. Anche questo è un richiamo da non lasciar cadere.
Ma vi è una terza riflessione, che aggancerei ai fatti di questi giorni. Siamo pronti a far scattare l’emotività generale e a dichiararci tutti «Charlie», se questo è lo slogan che va per la maggiore. Davanti agli schermi - della televisione o dei computer non fa molta differenza - siamo subito disponibili ad offrire solidarietà incondizionata e partecipazione convinta. Ma davanti agli schermi, appunto, perché solidarietà e buoni sentimenti restano «virtuali», emotivamente appaganti e diciamocelo francamente, senza alcuna conseguenza pratica. Invece, una persona che cade richiede un impegno diretto e personale, il «farsi carico» di un gesto che comporta tempo, attenzione, atti concreti. La persona e la situazione sono reali, non virtuali, non si possono rapidamente scaricare con un clic. E allora viene, e talvolta prevale, la tentazione di far finta di non essersene accorti, nella speranza che ci pensi qualcun altro.
(cl.b.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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