Se l’imperfezione ci fa fare i conti con noi stessi

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Da circa un anno nella nostra famiglia abbiamo e stiamo affrontando un’esperienza difficile. Come è successo altre volte, condivido volentieri con lei ed i suoi lettori la percezione di un vissuto personale. Talvolta nella vita capita di confondere o addirittura assimilare la bellezza ed il piacere con la perfezione. Quando poi ci accorgiamo che le prime due, in quanto manifestazioni umane, non sono perfette... siamo costretti a fare i conti con la delusione e la sua primogenita, la rabbia! Delusi ed arrabbiati, siamo spesso spinti ad allontanare chi o cosa ci ha suscitato sentimenti del genere. Pronti e desiderosi di continuare a cercare nel primo altrove il mito della perfezione. Sino al prossimo inciampo, sino al ripresentarsi del «peccato originale». Nelle più antiche delle coartazioni a ripetere, frequentemente ci sfugge un prezioso particolare; le persone che ci fanno arrabbiare sono quelle che in qualche modo e per qualche motivo, spesso proprio mediante il loro agito, ci obbligano a fare i conti con noi stessi. Queste persone e questi fatti, «costringendoci» a guardare e toccare le ferite antiche, ci offrono la possibilità di acquisire la consapevolezza che ciò che ritenevamo affrontato e risolto è ancora lì. Vivo e vegeto. Questi fatti e queste persone, ci sussurrano una piccola verità: sotto il tappeto c’è ancora tanta parte di noi con cui riconciliarci. Tempo fa, ad un corso sulla comunicazione, il relatore ci disse che i gamberi hanno una cosa che li rende unici. Hanno il cuore nella testa, oltre ad andare «avanti» sapendo camminare all’indietro. Nelle nostre vite, per capirci qualcosa in più, per far pace con se stessi e con gli altri, talvolta c’è da augurarsi una vita da gambero.

// Mariano De Mattia
Brescia

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