Salire in Guglielmo da Passabocche tra le genziane

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Ho letto con interesse la lettera di Bruno Taglietti del 2 gennaio dove, con dovizia di particolari egli consiglia il percorso più breve per raggiungere la vetta del Guglielmo, il monte dei bresciani dal versante della Valtrompia. Anch’io vado sul Guglielmo ogni anno, da solo o con amici. L’ho raggiunto da Nord, da Sud, da Est e da Ovest. Io ritengo che l’itinerario da Passabocche (Pisogne), il meno frequentato, sia di gran lunga il più affascinante dal punto di vista paesaggistico, ma soprattutto dal punto di vista botanico, per la vegetazione particolare ed in certi casi unica, della fascia insubrica. La più famosa, ora quasi del tutto scomparsa, è la Genziana (Gentiana lutea), per la sua radice aromatica. Rinomata era l’essenza di Genziana di Pezzoro, ottenuta dalla distillazione dell’infuso di Genziana. La pianta della Genziana non è da confondere con quella del Veratro la cui radice contiene Veratrina, altamente tossica. Le foglie delle due piante sono lanceolate; però quelle della Genziana sono contrapposte, mentre quelle del Veratro sono alternate. Attenzione quindi a questo particolare perché è l’unico che le distingua. Percorriamo assieme il sentiero 205 del Cai partendo da Passabocche. Dopo tre quarti d’ora di cammino, nell’ultimo tratto di bosco di conifere e faggi maestosi, quasi all’improvviso, si arriva al bivacco del Medelet. Poi il sentiero tortuoso e ripido ma ben curato si snoda tra fitti cespugli di Ginepro, Erica, Pino Mugo, Rosa Canina ed essenze varie. Lo scenario maestoso delle cime della Valcamonica si apre a Nord. Ad Est si intravede il Lago di Garda e i monti che lo circondano, ad Ovest il Lago d’Endine e le Alpi Orobiche. Poi dopo 2 ore di cammino, all’improvviso il sentiero vira a sinistra e maestosa appare la Pianura Padana, il Sebino, Montisola, le Torbiere, la Franciacorta, poi i paesi con le case addossati ai campanili delle chiese come le pecore al pastore e la catena del Montorfano e se l’atmosfera è limpida, cosa rara, si vede anche Cremona e gli Appennini. A questo punto consiglio di abbandonare il sentiero che porta al rifugio. Virare a sinistra e percorrere le creste o «culme», come le chiama la gente del posto. La parola «cülmen» è un termine celtico come di origine celtica erano i Camuni, gli antichi abitanti della nostra valle. Qualche secolo fa alcuni Camuni ritennero che «cülmen» fosse una parola dialettale e per nobilitarla la italianizzarono facendola diventare Guglielmo. Tuttavia «Gölem» deriva dal termine celtico, non è Guglielmo in dialetto! Infatti da noi non ci sono né santi, né poeti, né eroi con il nome di Guglielmo. Enrico Ambrosetti Rovato

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