Rispettate gli spazi riservati ai disabili
La ringrazio per avermi dato la possibilità di esprimere quanto sento.
Cercherò di non dilungarmi, ma l'argomento è così delicato che mi sarà difficile, perché si presta ad aprire parecchie parentesi.
Sei anni fa, in seguito ad un incidente stradale, in cui un povero ragazzo ha perso la vita, la mia vita si è completamente ribaltata e così anche quella dei miei famigliari, compromettendo tutti gli equilibri e certezze anche dei miei due ragazzi che all'epoca erano due bambini di 11 e 8 anni.
Non voglio raccontare quanto accaduto perché non desidero impietosire e tanto meno apparire vittima anche se servirebbe a fare capire.
Da quel giorno ho dovuto dipendere da tutti in tutto. Ho stretto i denti e dopo mesi di letto e di fisioterapia mi sono rimessa in piedi, ma non ho più potuto essere la persona di prima.
Ho atteso tre anni prima di presentare domanda di invalidità, questo perché nonostante abbia dei postumi, mi ritenevo e mi ritengo fortunata e quindi non accettavo l'idea di una valutazione per l'invalidità. Potrei aprire una parentesi riguardo alle valutazioni mediche delle commissioni, ma forse lo farò in un altro momento. Ho dovuto fare molti sforzi mentali per portare avanti la pratica, mi sembrava di «rubare» qualcosa a quelli meno fortunati di me. Ho provato i disagi per i trasporti, ho provato e provo ancora gli sguardi delle persone che mi incontrano per strada e vedono prima di me la mia gamba che «sbatte» e zoppica ed è appunto per questo che mi innervosisco, mi demoralizzo, mi irrigidisco quando vedo che nei parcheggi della piscina arrivano mamme trafelate che indossano tacchi 12 che, non trovando un comodo parcheggio vicino all'entrata, parcheggiano la loro macchina nei posti riservati ai disabili, nascondendosi sempre dietro la scusa «e va bene tanto per cinque minuti» oppure «non lo faccio mai, per una volta...», così pure davanti alle scuole o nei centri commerciali.
E non sono solo le mamme, ma purtroppo è un male comune che non si distingue né per ceti sociali, né per autovetture, né per etnie. Le mamme, i papà, i ragazzi che parcheggiano abusivamente si sono mai fermati a pensare: «Piove, arrivo, scendo dalla macchina apro l'ombrello e corro verso l'entrata della scuola piuttosto che della piscina piuttosto che del negozio», ecco si tratta di poco.
Pensate invece alla mamma che arriva con il suo bambino disabile, oppure all'anziano oppure ad un qualsiasi disabile, che non può correre, ma deve scendere dalla macchina, aprire una carrozzina, aprire un ombrello e spingersi verso l'entrata... non sono pochi istanti, ed il disagio è grande.
Potrei continuare con altri esempi ma credo basti così.
I disabili sono persone che amano, soffrono, sorridono e vivono.
Vorrebbero poter vivere come gli altri ma purtroppo per dei casi della vita, sono limitati, ma stringono i denti e lottano per la loro quotidianità, la loro normalità. Molte volte io stessa non occupo il posto riservato ai disabili se vedo che posso permettermi di parcheggiare un po' più in là.
I disabili non sono persone di serie B.
Rispettate per favore quel piccolo contrassegno arancione. Grazie.
Paola Braga
Rodengo Saiano
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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