Rinascere alla vita dopo l’anoressia
AA
Questo è un periodo particolare per me. Come in questi giorni, vent’anni fa, ero ricoverata in ospedale per una malattia subdola, che, astutamente, inganna corpo e anima: l’anoressia nervosa. Lontana, ma ancora luminosa, è l’aurora che si svegliò per me sulla mia notte dei miracoli. Il dolore è passato e la vita l’ha trasformato in altre cose - del tutto positive - che oggi posso maneggiare ed usare per me e, forse, per altri. Non mi era mai capitato precedentemente, ma ho trascorso parecchi giorni come «sospesa», osservando dall’alto quella Federica poco più che ventenne che oggi considero come cifra assoluta dell’immenso valore della vita. Nella coscienza e nella consapevolezza di ognuno di noi è presente la contemporaneità dei momenti passati e presenti. E, certamente, una tensione al futuro, al nostro inesauribile divenire. Non è vero che il passato è passato, perché infiniti sono i segni incisi dentro di noi e, forse, la nostra memoria sceglie tra questi secondo il senso che ognuno vorrebbe dare alla propria esistenza. Ciascuno si appropria della realtà attraverso un comune dinamismo di conoscenza: si fa esperienza di una serie di dati; si comprende facendo sintesi dei dati esperiti; si emette un giudizio per rendersi conto se ciò che si è compreso esaurisce le nostre domande; poi, si sceglie. La vita presenta svariate situazioni dolorose. È doveroso e legittimo cercare di evitarle, ma non sempre vi si riesce. Allora, bisogna adoperarle per provare a comprendere ciò che altrimenti non si capirebbe, per diventare migliori come diversamente non si saprebbe. È importante, e dolce, ricordarsi delle liberazioni, dei momenti di buio e di luce, per sapere che abbiamo sempre - o quasi - delle alternative. Tocca a noi scegliere e, in caso di errore, tornare sui nostri passi e/o farci guidare. Inoltre, buio e luce, notte e giorno, non esisterebbero se non compresenti, come opposti gli uni degli altri. Soffrire nasce dal vivere e il dolore nasce dalla vita. Sono da accettare entrambi, poiché tutto rientra in quel ritmo vitale che è condizione dell’essere umano. Da più di un anno, sto partecipando, come interlocutrice sui generis, agli incontri di un gruppo di auto-mutuo-aiuto composto da genitori che hanno figli o figlie affetti da disturbi del comportamento alimentare. È un’esperienza significativa, che mi permette di vedere la malattia da punti di vista molto differenti dal mio. In effetti, il gruppo si chiama «Nuovi Orizzonti». Per quanto ogni situazione sia originale e unica e abbia una sua autonomia, un filo comune unisce le diverse storie di vita: il «dover essere», la sensazione - che diventa autocondanna - di essere «sbagliati». Nel percorso di presa di coscienza della patologia da entrambe le parti, ci si scontra con la colpa. Nessuno va colpevolizzato e anche le famiglie vanno supportate, soprattutto dal punto di vista psicologico. Le strutture che, sotto molteplici aspetti, accompagnano il malato verso una guarigione possibile, difficilmente dispongono di risorse, economiche ed umane, per sostenere i genitori. Sviluppare anche per loro percorsi per conoscersi intimamente, per stare meglio con sé e con gli altri, è importante, perché risponde ad un’esigenza umana e porta frutti buoni, da una parte e dall’altra. Credere nel dialogo, accettare le difficoltà, dare parola ai sentimenti e ai tumulti dell’anima, farci i conti, per poi cambiare dentro di sé e assumersi le eventuali responsabilità o accogliere, empaticamente, l’altro e il suo universo: è un cammino lungo, ma incredibilmente generoso. Farsi dare una mano da chi è competente in materia è fondamentale. Io ho incontrato parecchie persone che, anche quando non avevo per niente voglia di rimettermi in gioco, mi hanno aiutata, donandomi innanzitutto luce e speranza. Queste persone, verso cui sempre sarò riconoscente, brillano nel mio cuore. Non si può vivere senza luce e senza speranza! Esse nascono dalla relazione e crescono nella condivisione, perché solo nell’incontro con l’altro possiamo sentirci accolti e amati. In questo modo prende avvio nel nostro cuore un crescendo di senso, di gioia e di voglia di fare e darsi. Oggi sto bene e ho spalancato, finalmente, il mio cuore alla vita, la quale non ha mancato di farsi sentire. È scoppiata fortemente, tanto da risultare troppa per me sola! Così è diventato necessario provare a condividerla e testimoniare come un’esperienza dura e difficile possa diventare l’occasione per imparare ad amarla profondamente e in tutte le sue espressioni. Talvolta, mi sembra di essere tornata bambina perché mi scopro immersa con tutti i sensi nelle emozioni, negli incontri, nelle esperienze, nella natura. Allora, stupita, mi fermo a contemplare e amare il Cielo e le sue creature. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma… quanta ricchezza e quanta bellezza si cela nelle nostre anime! Chissà verso quali infiniti orizzonti ci porterà la vita! «(...) e il naufragar m’è dolce in questo mare». Federica Carini Brescia
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