Quell’invisibile sotto i portici e la lezione appresa

Vi siete mai chiesti quanto bello sia il periodo natalizio, luci ovunque, alberi addobbati a dismisura e soprattutto lo shopping tanto desiderato. Eh sì, perché gran parte della tredicesima se ne va negli acquisti effimeri del Natale. Io e mia moglie, abitando seppur nel salottino della bassa, Orzinuovi, al sabato ci piace frequentare la città, forse per quel clima che rende tutti più socievoli. E così è stato pure sabato 6 dicembre, dopo un’ottima colazione raggiungiamo la città, due passi verso il centro. Sotto i portici di via Zanardelli si stava risvegliando, su un giaciglio di cartone, un senzatetto. Una persona invisibile quasi a tutti, dico quasi perché sono al corrente delle varie associazioni che si preoccupano di dare a loro un letto nei vari dormitori della città. Mi ha colpito questo signore, trascurato nel viso, nel vestire un po’ in tutto insomma. Premetto che sono restio nel fare l’elemosina, certi mi sembrano assai messi bene e penso siano degli approfittatori. Questa volta esco dai miei stereotipi e mi avvicino per porgergli pochi denari, forse pensando di fargli iniziare la giornata con un caffè offerto. L’uomo alza la testa e mi regala un sorriso che solo un padre sa donare. La giornata è stata cambiata, ma a me! Il messaggio che vorrei passasse con la mia brevissima esperienza, è che siamo fortunati ad avere un lavoro, una famiglia, degli amici, la salute ma noi no. Guardiamo sempre quelle piccole cose che mancano e credetemi, le cose mancanti ci stanno sul palmo di una mano, non accorgendoci che per le cose che possediamo, servirebbero dieci mani. Penso proprio che i piccoli gesti fanno la differenza nella vita... Grazie amico mio!
Gianfranco GalliOrzinuovi
Caro Giancarlo, non vogliamo essere ipocriti e parliamo di noi stessi, in confidenza: se per educazione e cultura riteniamo giusto aiutare chi è in difficoltà, nel concreto si frappongono mille esitazioni e, di fatto, ogni persona che ci ferma per strada o anche soltanto tende la mano per un’elemosina, d’istinto risulta importuna. La verità è che l’ultimo, il trasandato, il mendicante, ci interroga. Facendoci sentire in colpa. Sia che giriamo la faccia dall’altra parte, sia nei casi in cui gli è concessa qualche moneta, in buona fede o nel tentativo di liberarci la coscienza. Siamo lieti dunque della sua condivisione, ma personalmente ne abbiamo ancora di strada da fare al fine di considerare «l’altro» mai inciampo e sempre fratello o sorella. (g. bar.)
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