Quell’immagine indelebile della Strage

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Si sta avvicinando il 50° anniversario della Strage di Piazza Loggia. Avevo 36 anni e iniziavo una attività commerciale in piazza Paolo VI quando la tragedia è successa. Sono stati scritti molti articoli, libri e ognuno ha portato a conoscenza i propri ricordi. Il mio è, invece, sempre quello, fisso nella mia mente ed indimenticabile: si tratta della fotografia che ritrae un giovane uomo che scopre con leggerezza il lembo di una copertura in tela con una mano mentre con l’altra si copre la fronte e nel suo viso si legge un dolore immenso. In quello scatto fotografico c’è tutta la tragedia, il dolore, lo strazio di quanto era successo e nessuno dei mille scritti può rendere nemmeno un attimo di quell’intensità. Dopo 50 anni quella fotografia è sempre l’emblema e testimonianza della Strage e quando la riguardo rivivo quell’orribile mattino. Il giovane uomo che solleva quel lembo di tela è il fratello del povero Alberto Trebeschi. È il dottore Arnaldo Trebeschi. Ho nel cuore quel suo sguardo di dolore e sarò felice (spero) di risalutarlo in piazza Loggia il 28 maggio prossimo.
Ennio Bucchi
Brescia

Caro Ennio,

ha ragione: nessuno dei mille e passa scritti possono rendere un attimo di quell’intensità. Tuttavia siamo altrettanto convinti che le parole curino e non è un caso se, da che mondo e mondo, gli esseri umani si distinguono proprio perché parlano, narrano, raccontano.

Per questa ragione il nostro Giornale e Teletutto hanno scelto di raccogliere e fare da eco alle testimonianze di chi quel giorno lo ha vissuto, in persona o nel ricordo di qualcuno.

Una memoria che soltanto se diventa condivisa, collettiva, rappresenta un valore e anche l’argine affinché in futuro si evitino simili tragedie tutte umane, non ascrivibili alla natura o al fato. (g. bar.)

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